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Capitolo IX – Il lungo silenzio
La scienza per gli uni è la grande celeste deità; per gli altri una brava mucca che li provvede di burro (Friedrich Schiller).
Sbaglierebbe chi attribuisse le reazioni negative descritte unicamente alla fugace notorietà raggiunta con la conferenza di Bologna. Che fastidio avrebbe potuto dare un uomo solo a strutture capillarmente organizzate, finanziate dallo Stato e da privati, popolate da migliaia di medici? Forse la paura è che si diffonda e affermi una nuova visione scientifica e che segua un “contagio” della medicina clinica? Questo timore sembra travagliare soprattutto il potere farmaceutico e le sue “telecamere” ubiquitarie, sempre vigili su ogni aspetto della sanità, e di conseguenza su quello accademico e sui neonati reparti di oncologia ed ematologia. C’erano tutte le condizioni per un’alleanza fra i timorosi, già siglata ed operante. La stampa è facilmente controllabile, ma occorre pensare agli ambienti medici ed a quelli scientifici, specie esteri, dato che il pericolo costituito dal contagio delle idee risulta più letale di quello di agenti patogeni, e deve essere decisamente combattuto.
Se Campanacci è già professore emerito e Storti si avvia ad esserlo, sono stati tanti i clinici che hanno contattato Luigi (nella foto seguente uno dei tanti esempi).
Pensino quello che vogliono, ma sappiano che pagherebbero di persona eventuali collaborazioni: questo il silenzioso monito rivolto loro. Particolare batticuore causano i crescenti casi di documentata remissione, incontestabili, e più convincenti di qualsiasi rivendicazione, per cui non è affondo polemico né partigianeria ma fatto evidente affermare che l’ostilità non nasce da scetticismo sui risultati, ma, al contrario, dalla consapevolezza della loro veridicità.
In un clima simile e di fronte a tale coalizione, nessuno avrebbe avuto il coraggio di andare avanti, specie dopo intimidazioni verbali, un tentativo di avvelenamento ed un primo incidente sospetto. Ma a parte il coraggio, é la forza che sarebbe mancata a chiunque: la forza di camminare da solo, in salita, controcorrente e sotto il grandinare del fuoco di sbarramento. Solo i grandi uomini hanno questa forza, senza bisogno di altro conforto e di altra gratificazione che quelli della bellezza, della verità e della gioia di fare del bene. Anzi, quanto più forte è il dissenso, tanto maggiore la loro determinazione.
In alto, e lontano da tribù di gatti randagi che s’azzuffano per una lisca di pesce o si strusciano per un boccone, il leone ferito si erge solitario nella sua fierezza.
In questo periodo si aggiunge un supporto alla ferrea volontà dello scienziato. I suoi figli – possibile oggetto di rappresaglie – hanno l’uno consolidata la propria posizione professionale, l’altro raggiunta una stabile indipendenza economica. Pippo infatti è assai stimato al “Maggiore” di Bologna, ha conseguito la idoneità ad assistente di ruolo ed entro l’anno diverrà responsabile del servizio di ORL all’ospedale di Budrio; Adolfo sta per essere assunto da un istituto di carattere nazionale.
Le ricerche presso l’Istituto di Fisiologia di via Campi proseguono alacremente, mentre cresce ininterrotto il flusso di malati non solo ematologici, ma anche oncologici. Le formulazioni terapeutiche dello scienziato si sono ampliate, comprendendo per la prima volta nella storia della medicina inibitori del GH, il Growth Hormon, il fattore di crescita responsabile in maggior misura dello sviluppo e della proliferazione del cancro. La concezione terapeutica che si era delineata già nel 1940 con i primi lavori sulla vitamina A ed il betacarotene, ora si è fatta chiara nella sua visione generale.
Il cancro è vita. Una forma di vita che egli definirà “anarchica, disordinata, potente, prepotente, parassitaria, afinalistica”. Una aggettivazione che ne coglie magistralmente i fondamentali aspetti, e che si fa particolarmente inquietante con il termine afinalistica, dato che è una forma di vita “carnivora” che aggredisce per affermarsi; ma che inevitabilmente provoca la propria morte nel momento stesso in cui fa morire l’ospite, il malato. E’ un po’ la metafora della parassitaria, avida, ma stupida società contemporanea.
Se non si parte da questo assunto e si continuano a concepire i tumori quasi come fossero malattie da contagio, non si arriverà a nulla. Il cancro non può trattarsi come si fa con batteri o virus da distruggere ed espellere dall’organismo; e nemmeno limitandosi a studiare tessuti strisciati su un vetrino: perché se siamo malati di tumore, il cancro siamo noi. Ucciderlo violentemente (o illudersi di farlo) con veleni o radiazioni significa uccidere l’intero ospite, cioè il malato. La ricerca di sostanze letali per le cellule neoplastiche ed innocue per quelle sane, la cosiddetta tossicità differenziata, è utopica e scientificamente assurda.
Il problema del cancro finora è stato affrontato concentrando un fascio di luce direzionale su un’area millimetrica, quando occorrerebbe invece un sole intero sulle immense vallate del sapere. Forma di vita quella delle cellule sane, forma di vita quella delle cellule neoplastiche. Come succede in natura, specie nel mondo animale, la sopravvivenza di una specie che divide lo stesso territorio con un’altra ostile e potenzialmente più forte ed aggressiva – erbivori e carnivori – dipende dalla capacità della prima di potenziare le proprie risorse e strategie di difesa. La scienza ha messo a disposizione dell’uomo immense conoscenze, ma queste rimarranno righe d’inchiostro se non si avrà la capacità di trarne conseguenze ed applicazioni. E’ il caso ad esempio della vitamina A, nota da decenni come la vitamina della crescita; ma crescita per le cellule sane, anticrescita per quelle neoplastiche. Già solo da questa pluridimostrata attitudine dovrebbe scoccare la scintilla utile – se non a intravvedere una strada lastricata- quantomeno ad incamminarsi verso la direzione giusta. Ma ci sono certi bui – i bui di mente e anima – che nessuna luce riuscirà mai a penetrare.
Tra le due specie, il predatore (le cellule neoplastiche) e la preda (quelle sane) occorre creare un antagonismo. Vivranno quelle che riusciranno a rafforzarsi; moriranno quelle che diverranno deboli e sterili. D’altronde sono milioni le cellule neoplastiche che giornalmente nascono in tutte le persone sane, ma non per questo nasce il tumore, perché tante ne nascono, tante ne muoiono. Il tumore insorge quando si crea uno sbilancio tra quelle che nascono e quelle che muoiono, e quindi si consolida un accumulo sempre più esteso. La decifrazione dei meccanismi coinvolti in questo continuo riequilibrio aiuta a comprendere e, di conseguenza, a provvedere; non uccidendo direttamente e brutalmente, ma rendendo difficile o impossibile la vita del cancro attraverso la depressione delle funzioni cardine nelle cellule anomale. Ed é qui che entra in ballo l’apoptosi.
Per la grande e poliedrica complessità di tale fenomenologia, è difficile illustrare sinteticamente l’apoptosi, prevalentemente definita quale morte cellulare programmata. Potremmo dire anche “morte naturale” delle cellule. L’argomento è di immensa portata e coinvolge numerosi aspetti della vita cellulare a volte apparentemente contrastanti. Limitandosi ad uno di questi, si può affermare che l’apoptosi viene eccitata, incentivata quando una forma di vita soffre per la concorrenza di altre entità viventi, venendosi a trovare in forte difficoltà o nell’impossibilità di crescere, diffondersi, rifornirsi, alimentarsi, figliare.
Raggiunta nell’ascesa di studi e ricerche questa intermedia quota fondamentale, lo scienziato si volge all’impiego di fattori di crescita insieme ad antagonisti di fattori di crescita, utili gli uni al trofismo delle cellule sane, gli altri alla mortificazione dei processi vitali di quelle tumorali: i retinoidi, in particolare, assumono un originale ruolo double-face, fungendo da fattori di crescita per le cellule sane, da antagonisti dei fattori di crescita per le cellule neoplastiche. Queste e altre solide acquisizioni formano la ratio d’impiego di vitamine o provitamine, come la Vitamina E, la Vitamina A, l’ATRA (acido trans-retinoico), il betacarotene, la Vitamina D3; ma anche della melatonina, di inibitori della prolattina, di inibitori del GH quali il p-oxypropiofenone in un primo tempo, la somatostatina dopo. Sostanze che sono sintetizzate, secrete o increte in diversi distretti dell’organismo, specie a livello del sistema neuroendocrino: alcune affiancate dai propri inibitori, in funzione di dosatori, di equilibratori, come sono appunto il GH da una parte e la somatostatina dall’altra.
Si tratta in estrema sintesi di un atto di amore quasi religioso dell’uomo per le inesauribili opere di genio di Chi ha progettato e realizzato la vita, e dell’inginocchiarsi davanti a queste con umiltà, consapevole della propria limitata capacità di comprendere e sapere, ma anche inebriato al pensiero di trovarsi al cospetto della mente di Dio.
Come meravigliarsi che la grandiosità di una concezione simile, pur rozzamente da noi rappresentata, possa essere condivisa da un mondo artificializzato, plastificato, superficiale, instupidito, sapientemente deculturato, irreggimentato, lontano dalle grandi verità dell’universo, povero di concetti, sapere e pensiero quanto gonfio di vuoto, terminologia, presunzione?
Vitamina E, Vitamina A, Acido trans-retinoico, betacarotene, Vitamina D3, Vitamina C, melatonina, bromocriptina, somatostatina…: ma quanti componenti ha questa …assurda terapia? (mormorano un po’ confusi, un po’ biliosi molti baroni e luminari spenti). Senza rendersi conto che nulla più di tale critica rivela la loro ignoranza e rozzezza concettuale: forse che la vita – compresa quella “anomala” delle cellule cancerose – dipende da un solo fattore? E’ assurdo pensarlo. E allora è cosa ovvia, se non lapalissiana, che se non si contrastano tali molteplici fattori e companatici di vita con altrettanti antagonisti, il cancro prospererà, anziché venire combattuto e vinto1.
Con l’inizio del nuovo anno il lavoro di ricerca è assai intenso, anche se arriva un altro “siluro” lanciato contro la sua attività. Qualcuno dell’ambiente accademico avvicina i suoi collaboratori e comincia a gettare i semi della malevolenza. Pur abituati alla signorilità e umanità di Luigi, i giovani che lavorano con lui sanno che è molto esigente e che pretende rigore e dedizione al lavoro; ed alcuni – i meno dotati, i più …sessantottini… – mordono il freno. Hanno imparato qualcosa stando a contatto con lo scienziato, ma la loro formazione è lacunosa e del tutto inadeguata nei confronti della complessità di certi campi del sapere scientifico: vengono da discipline come farmacia o scienze biologiche, non sono medici, non sono fisiologi, men che meno medici fisiologi. Senza la formidabile preparazione e visione d’insieme del loro professore – per tacere di qualità d’intelletto che il Padreterno dispensa a pochi in una generazione – si impantanerebbero subito. Sarebbero come tanti Teseo nel labirinto senza filo d’Arianna. L’umiltà e la consapevolezza dei propri limiti dovrebbero far considerare loro un privilegio lavorare accanto ad un Luigi Di Bella. Qualcuno lo intuisce, altri no. La mala semina attecchisce nei meno capaci, e in conciliaboli goffamente clandestini i secessionisti si dicono l’un l’altro che – parbleau! -sono in grado di camminare con le loro gambe.
Nessuno di loro, “resosi indipendente”, pubblicherà più un solo lavoro che valga la carta sulla quale è scritto, e nonostante lo zuccherino agitato da qualcuno davanti ai loro occhi, rimarranno assistenti fino al pensionamento. Un paio di transfughi continueranno ancora per un anno ad eseguire qualche fase dell’iter sperimentale prima di scomparire dalla vita dello scienziato e dalla letteratura scientifica. Luigi non batte ciglio, comprende che si tratta dell’ennesima manovra di sabotaggio e continua il lavoro scientifico con l’aiuto dei collaboratori rimasti, tra i quali, ovviamente, Deda e Giuseppe Scalera. Se ne aggiungeranno presto di nuovi.
Alla fine di aprile Adolfo parte per Genova per il corso neo assunti ed ogni venerdì sera torna a casa, per poi ripartire la domenica pomeriggio. Una domenica di maggio vengono Giovannino, che Luigi non vedeva da molto tempo, e Vittorio. Questi, che lavora come chimico a Milano, ha insistito con “Gino” perché tutelasse la sua scoperta. La procedura per un brevetto, che riconosca almeno la paternità dell’uso della melatonina in ematologia e oncologia, ha un iter accidentato e contrastato, pur concludendosi alla fine con una registrazione. Luigi, già dall’inizio tiepido per l’iniziativa, rimane sfavorevolmente impressionato dall’operato di alcuni legali esperti della materia, dietro ai quali percepisce pulsioni non propriamente scientifiche. Cosa a parte la stima da lui nutrita per il Dr. Laguzzi, imprenditore del settore farmaceutico (la ditta era la Iflo di Cologno Monzese) che si era attivato, agendo correttamente. Il motivo principale della visita è proprio quello di tentare di rassicurarlo, ma lui ribadisce le sue perplessità e in futuro si disinteresserà completamente dell’iniziativa. Comunque, indipendentemente dalla vicenda in sé, la registrazione di questo brevetto industriale rimane pur sempre una documentazione probante e – quel che più conta – con data certa (8 gennaio 1974), dell’uso della sostanza in patologie neoplastiche, neurologiche e neurodegenerative, e della paternità dello scienziato nella sua ideazione. Più precisamente, il brevetto ha come titolo Metodo di fabbricazione della N-acetil-5-metossitriptamina e dei suoi derivati per la cura delle leucosi e di sindromi nevrotiche. Nel testo, si parla fra l’altro esplicitamente di:
“ […] cura di anemie aplastiche e ipergenerative, di alcune trombocitopenie, coagulopatie, di mielodepressione, di turbe del bioritmo sonno-veglia, di alcune sindromi nevrotiche degenerative”.
Ognuno può constatare anche il totale disinteresse dello scienziato, dato che la sola indicazione della melatonina nelle “turbe del bioritmo sonno-veglia” avrebbe comportato, oltre vent’anni dopo, un flusso economico imponente.
Legata a questa vicenda è una iniziativa – a dire il vero poco felice – dell’imprenditore farmaceutico di cui s’è parlato: é come se fra Cristoforo si fosse rivolto a Don Rodrigo per la protezione di Lucia. Il Dr. Laguzzi, nell’intento di ottenere una attestazione sull’impiego della melatonina nei tumori, si rivolge a tale scopo all’Istituto Mario Negri senza farne cenno a Luigi. Il “responso”, negativo, giunge con lettera del 14 luglio 1975 firmata da Silvio Garattini, avente per oggetto la Valutazione della possibile attività antineoplastica della Melatonina e della Adenosina. I parametri valutativi sono esposti in mezza pagina (letteralmente) alla quale è allegata una smunta tabellina. Si riesce a comprendere che sono state trapiantate cellule di leucemia linfatica in ratti da esperimento, mentre “l’efficacia del trattamento è stata valutata in base al rapporto tra il tempo di sopravvivenza dei trattati e quello dei controlli in percentuale”. Quando Luigi viene informato e riceve la dettagliata ed ampia…. documentazione della prova, si irrita e non riesce a trattenere il proprio disappunto, espresso in una lettera del 28 luglio successivo:
“ […] io non avevo suggerito una ricerca del genere che, secondo me, non ha senso comune. Una sperimentazione del genere presuppone un’origine infettiva, virale, della leucemia, e non sono queste le idee mie. Nel laconico rapporto mancano i dati relativi al numero degli animali, alla causa mortis degli animali, al sangue periferico, alle linfoghiandole, al midollo osseo, alla milza, al fegato, nonché alle interazioni fra Melatonina e adenosina da una parte, e Klucel dall’altra. La sperimentazione andrebbe fatta, secondo me, seguendo linee completamente diverse […] ”
Per la cronaca, c’erano stati precedentemente rapporti epistolari apparentemente cordiali con il farmacologo, allora poco noto.
Non si ferma invece la corrispondenza indirizzatagli da singoli medici e da responsabili di reparti ospedalieri, evidentemente non ancora richiamati all’ordine. Ne citiamo solo una a titolo esemplificativo, nel timore che richiamarne altre sia interpretato quale volontà di polemica nei confronti di supponenti denigratori. Il 10 giugno 1975 gli giunge la seguente lettera dall’Ospedale Cardarelli, Sezione Autonoma di chemioterapia antineoplastica generale, della quale è dirigente il Prof. Dott. Giovanni Pacilio:
“Chiarissimo Professore, Le saremmo grati se potesse inviarci alcuni flaconi del Suo preparato per una nostra paziente affetta da grave piastrinopenia (1.000 piastrine!!) […]. Le saremmo altresì grati se potesse indicarci modalità e ritmi di somministrazione. Con molti ossequi…”
Il 16 giugno Luigi viene coinvolto in un secondo incidente mentre raggiunge da casa via Campi. Le modalità anche questa volta sono insolite e sospette, dato che è disciplinatissimo e tiene rigorosamente la destra. Forse è l’unico ciclista della città che segnala la svolta per tempo con il braccio. Non è stato investito all’atto di svoltare, ma mentre procedeva sul ciglio della strada. Per fortuna il sinistro non provoca che contusioni, ma quando Adolfo lo abbraccerà alla stazione la settimana successiva prima di ripartire per Genova, il padre non riuscirà a reprimere un gemito di dolore.
I primi di agosto è in Giappone, a Kyoto, sede del “X° International Congress of Nutrition”, dove comunica un lavoro2.
E’ quindi la volta dell’annuale Congresso nazionale SIBS (Società Italiana di Biologia Sperimentale), dove presenta nove lavori: cinque relativi a temi ematologici, quattro alla fisiologia del gusto e della nutrizione3.
Al ritorno traccia il programma di ricerca sia nel campo della fisiologia del sangue e del midollo che della neurofisiologia e della fisiologia della nutrizione. Il lavoro sperimentale, come sua mentalità, non è mai fine a se stesso, mai dottrinario teorico e sterile, ma sempre finalizzato a significativi capisaldi conoscitivi e proiettato al potenziale o pragmatico risvolto clinico: e viceversa. Nel senso che, a loro volta, elementi emersi dall’esperienza clinica, sia di medicina generale che di medicina oncologica ed ematologica, guidano od orientano il lavoro di laboratorio.
Una sera di quel settembre dirà ad Adolfo:
“ […] quando studi e fai ricerca è come se ti arrampicassi su un albero. Ad un certo punto il fusto si dirama, e poi ancora, e poi ancora, e così via. Allora devi esplorare ognuna delle deviazioni. Ma hai fatto poca strada che incontri i primi rami. Ne puoi imboccare uno o un altro, ma subito dopo avrai altri rami minori, che dovresti percorrere e conoscere tutti, e rami satelliti che anche loro si biforcano. In altre parole, solo per esaminare ed assimilare quello che trovi nella diramazione di una diramazione ti passa la vita intera. Molte acquisizioni sono interessanti e suggestive, ma non ti aiutano ad arrivare da nessuna parte, e quindi debbono considerarsi oziose. La cosa più difficile è seguire il percorso che a parità di tempo e di sforzo ti fa sapere e capire di più, quello che consente risvolti pratici e terapeutici. C’è, ma occorre lo studio, l’esperienza e la riflessione di una vita, e un intuito, un fiuto apparentemente extrarazionale per sentirlo e coglierlo. Più di una volta sono arrivato a conclusioni, poi controllate e scientificamente provate, senza riuscire a ricostruire le tappe dell’itinerario logico […] ”
Si torna sempre allo stesso punto, all’equivalenza o quantomeno alla stretta parentela tra scienza e arte: come un grande compositore ha la netta sensazione di “trascrivere” e non di creare, attingendo la sua musica da una fonte metafisica, così il grande della scienza non può che pensare ad altre…paternità..per le proprie idee più importanti.
Ora che i suoi figli sono economicamente indipendenti può impegnarsi ulteriormente in spese necessarie, prima fra tutte quella per l’acquisto di libri scientifici e l’abbonamento a riviste. La capacità di lettura e di immagazzinamento è come sempre impressionante, allo stesso modo della forza di volontà necessaria a vincere la stanchezza. Dato che deve dividersi tra insegnamento, lavoro sperimentale e visite, il più delle volte studia di sera, quando in istituto non è rimasto nessuno. Studenti del vicino collegio universitario vedono accese fino a tarda notte le finestre del suo studio e delle stanze che ospitano microscopi e strumentazione. Il suo studio si è riempito di soprammobili, quadri, oggetti che ha acquistato e che gli ricordano le località sedi dei congressi ai quali ha partecipato, o donatigli da pazienti che cercano di disobbligarsi. Se l’ultima ad andare via è Deda, rimane comunque una compagnia silenziosa, fusa a parte: la fedelissima siamese Lucci, regalatagli dalla stessa Deda. Lascia senza parole l’affetto esclusivo della gattina per il padrone. Mentre lui legge e – vecchia abitudine – sottolinea le parti più interessanti dei libri posizionati su un leggìo di legno, Lucci gli si accovaccia in grembo o si sdraia sul suo tavolo di lavoro, con il capino appena dentro la campana di metallo della lampada. Sembra un gatto soldato con l’elmetto.
L’otto ottobre un terzo incidente ancora più incredibile. Un’automobile aggancia la bicicletta di Luigi, diretto come sempre in istituto, e la trascina per parecchie decine di metri. Apparentemente il guidatore non si accorge di nulla, nonostante il fracasso che fa voltare i passanti, uno dei quali si sbraccia ed obbliga l’auto a fermarsi. Subisce questa volta una frattura composta al braccio, come risulta dalla radiografia. Non ricorrerà ad ingessature, ma provvederà da solo ad una stretta bendatura. Denuncia il fatto e si rivolge ad un legale, al quale consegna lastre e refertazioni. Quando qualche tempo dopo tornerà dall’avvocato per convenire come procedere, non appena fa riferimento alle lastre il legale lo fissa con uno strano sorriso e gli dice: “quali lastre? Io non ho nulla”. Capisce e va via senza aggiungere una parola. Ma troppo è stata tirata la corda perché episodi simili si ripetano. Dovranno passare ventun’anni prima che si ripeta un analogo “incidente”. Luigi deve sopportare forti dolori non solo al braccio, ma in tutto il corpo, dato che oltre alla frattura vi sono state serie ed estese contusioni.
Adolfo, che dopo il corso ha preso servizio a Bologna e da due mesi è stato trasferito a Modena, ha fissato il matrimonio con la fidanzata Maria Letizia a metà dicembre. Andrà ad abitare in una casa vicina via Don Minzoni, ma è pur sempre una tappa, un po’ rasserenante, un po’ triste, della vita di ogni genitore. Pippo, che da cinque anni fa il pendolare per il suo lavoro, va invece ad abitare a Bologna, visto anche che la moglie Valeria insegna al locale conservatorio musicale e che desidera passare più tempo in famiglia, ora che è nata la secondogenita Giulia. Il tredici dicembre, mentre cominciano a cadere i primi fiocchi di neve, si celebrano le nozze di Adolfo e Maria Letizia in una chiesetta preromanica alle prime propaggini dell’Appennino modenese. Luigi con in braccio l’omonimo nipotino maschera l’emozione scherzando con il piccolo, vicino a Ciccina che ora sorride ora piange e a Deda che abbonda con lanci di riso.
Nella tarda mattinata della Vigilia di Natale del 1975, sotto un pallido sole che non riesce a mitigare il gelo, Adolfo e Maria Letizia tornano dal viaggio di nozze, il cui programma, dopo un paio di giorni, è stato disatteso dagli sposini: nonostante la lontananza materiale non è stato possibile resistere al canto delle sirene dello Stretto.
Le sera stessa, come quelle del 25 e di San Silvestro, tutta la famiglia è riunita nella casa di via Don Minzoni. Se l’albero del Natale 1975 non è il gigantesco abete della tradizione familiare, quello che Pippo e Adolfo andavano a scegliere, scorciavano e inchiodavano ad un supporto di legno, tutto il resto replica la magia del passato. Lo scienziato e la moglie, circondati dai figli, dalle nuore e dai due nipotini, si inebriano della serenità degli affetti familiari e della poesia delle festività. Il brulicare di luci intermittenti sull’albero, il vecchio presepe con l’altrettanto vecchio sfondo, le focacce ed i pitoni siciliani, la cioccolata calda, briscole, scope, e l’evocazione di ricordi sono un balsamo per i due rami recisi dalla pianta della famiglia.
L’anno che si apre sarà estremamente fecondo di risultati e caratterizzato da un’attività intensissima: 25 lavori, 6 dei quali presentati in tre congressi internazionali. I primi due sono discussi il 28 marzo 1976 al Congresso nazionale organizzato dalla Società Italiana di Biochimica Clinica, che si tiene a Brescia e che ha come tema Recenti progressi in radioimmunologia clinica4. Il 15 maggio Luigi comunica a Parma, al Convegno regionale su problemi di alimentazione in Emilia-Romagna5. I due successivi vengono presentati al Congresso nazionale della Società Italiana di Fisiologia, che si tiene a Firenze il 28 e 29 maggio 19766. Altri undici, due dei quali relativi alla fisiologia della nutrizione e nove concernenti il campo ematologico, sono comunicati in congressi nazionali organizzati dalla SIBS7.
Ma l’appuntamento più importante è quello del Congresso Mondiale di Ematologia che si tiene a Kyoto, in Giappone, dal cinque all’undici di settembre. A due anni di distanza dal congresso mondiale di New Delhi, lo scienziato comunica nella sede che più di ogni altra dovrebbe recepire il nuovo corso che ha impresso alla medicina. Vi si reca con Deda e con Beppe Scalera, i due collaboratori che stima di più e che considererà sempre i più fidati e preparati. Nella comunicazione, che verrà accolta con grande interesse da parte dei ricercatori che fanno parte del “Gotha” scientifico, espone le sue idee, arricchite dai quasi tre anni di ulteriori ricerche ed esperienze cliniche seguite alla conferenza di Bologna8.
Ha appena il tempo di tornare che deve ripartire per Monaco di Baviera, dove nel pomeriggio del 16 settembre comunica su tre lavori presentati9. Il viaggio da Modena a Monaco, insieme a Deda, Scalera e Tarozzi, avviene in macchina. Tarozzi è un allievo interno, laureato in farmacia, del quale Luigi ammira in particolare la perizia di guida. Come sempre le spese sono affrontate in proprio e suddivise tra lo scienziato ed i collaboratori. Meno di un mese dopo è la volta del Congresso Internazionale di Endocrinologia che si tiene in Cecoslovacchia, a Štrbské Pleso, e nel quale vengono presentati due lavori10.
Le ricerche sfociate nelle due pubblicazioni sono propedeutiche al razionale scientifico che prevede l’uso della somatostatina nella terapia delle neoplasie11. Quando vent’anni più tardi si farà il nome di Luigi Di Bella e si parlerà della sua terapia dei tumori, si diranno e scriveranno senza pudore falsità di ogni genere per negargli la paternità d’impiego della somatostatina e l’epocale svolta da questa rappresentata nella lotta al male del secolo. E’ una di quelle idee che, come osservato precedentemente su questa biografia, sono davanti al naso di tutti, ma che nessuno riesce a scorgere. Salvo spregiare e deridere prima, plagiare senza ritegno dopo. E questo è storicamente provato, al di là di qualsiasi discussione.
Se tumore significa crescita, e se la somatostatina inibisce la crescita, è ozioso dissertare sul suo impiego nella cura dei tumori
per Luigi Di Bella questa è cosa tanto ovvia che si meraviglia non sia patrimonio comune di tutti, e quasi si meraviglierebbe per l’elogio della sua idea.
La sostanza è proposta per la cura dell’acromegalia – il gigantismo – proprio perché nella patologia citata c’è un deficit di increzione della somatostatina, o un eccesso nella increzione di GH. Ma nessuno parla di uso in oncologia. Possibile che nessuno ci arrivi…? La cosa curiosa è che molti sanno che lo scienziato la impiega per tale scopo, dato che ormai centinaia di sue prescrizioni girano per l’Italia e finiscono non di rado nei reparti di oncologia ed ematologia, suscitando in qualcuno interesse, in altri sconcerto, in qualcun’altro allarme.
La Serono, intestataria del brevetto, è in contatto da tempo con Luigi Di Bella. Gli scenari che si aprono di fronte a questa scoperta sarebbero illimitati, ma anche inquietanti. L’azienda di Friburgo è solida ed affermata, anche se non può competere con certi giganti d’oltre oceano – oltre che con qualche omologo svizzero – e soprattutto con …l’Opec della farmaceutica. Farebbe la fine del famoso orcio di argilla tra due di ferro. Meglio stare affacciati alla finestra e attendere. Luigi riceve comunque numerose fiale, ancora non siglate, del farmaco, e molti pazienti sono così in grado di affrontare senza problemi economici la terapia, dato che dona loro tutte le confezioni che gli pervengono dalla Serono. Successivamente il farmaco verrà immesso in commercio, imitato da diverse case farmaceutiche (senza tuttavia raggiungere analoga efficacia) e diverrà mutuabile: salvo, molti anni dopo e repentinamente, decuplicarsi nel prezzo e cambiare “fascia”, cessando di essere dispensabile dal servizio sanitario nazionale.
Indubbiamente, specie all’inizio, lo Stilamin della Serono é un preparato di qualità superba e lo stesso fisiologo rimane quasi incredulo di fronte alle remissioni e guarigioni indotte dalla terapia da lui ideata, che come detto recepisce anche la somatostatina.
Luigi comprende perfettamente quali nuovi scenari terapeutici si schiuderebbero con l’affermazione del suo metodo, ma sa altrettanto bene quali settori della medicina e della farmacologia, da tempo infettati da spirito speculativo, vi si oppongano decisamente. Cerca quindi collaborazione ed aiuto presso istituzioni cliniche meno “caratterizzate” dalla montante colonizzazione farmaceutica. Un’offerta di collaborazione giunge nel settembre 1976 dal Dr. C. Vullo, dell’Arcispedale S. Anna di Ferrara. Il medico, a differenza di blasonati ma distratti altri colleghi, ha letto i lavori di Luigi DI Bella:
“Da anni seguiamo un grande numero di bambini affetti da anemia di Cooley. Per questo motivo ho letto con particolare interesse i riassunti delle comunicazioni da Lei presentate al recente congresso di Cagliari della Soc. It. Di Biologia Sperimentale, riguardanti l’azione ematopoietica della Melatonina…“
Un secondo contatto viene stabilito proprio sul finire dell’anno, quando lo scienziato incontra esponenti dell’Istituto di Clinica Medica e Gastroenterologia dell’Università di Bologna, presso il Policlinico S. Orsola. Nel corso del colloquio propone progetti di lavoro e ricerca che solo col supporto di un reparto ospedaliero possono concretizzarsi. I Dott. Cornia e Bracco riferiscono del progetto al direttore dell’Istituto e, in una lettera del 24.11.76 scrivono:
“ […] gli argomenti che ci ha proposto sarebbero tutti di possibile applicazione pratica in clinica. Poiché si tratta di argomenti che noi non conosciamo affatto, o in maniera superficiale, avremmo bisogno delle indicazioni bibliografiche che speriamo lei possa inviarci. Una volta addentro all’argomento, potremo valutare quale lavoro è più facilmente applicabile all’uomo e quindi incontrarci con Lei per definire il piano di lavoro.“
Ovviamente non ne sortirà nulla. Così succede quando un paziente, che ha stabilito un rapporto confidenziale con Luigi ed è in rapporti stretti con un primario di ematologia, contatta quest’ultimo per ottenerne la collaborazione in vista di una casistica adeguatamente numerosa ed omogenea. Chiede allo scienziato di stendere una breve relazione e la consegna. L’ematologo, al quale sono stati recapitati anche i lavori dello scienziato, pur trovandosi di fronte ad un caso dalla prognosi infausta ed “inspiegabilmente” guarito, prima ancora di studiarlo da vicino e cercare di comprendere il razionale scientifico del diverso approccio, chiede dati statistici. Luigi, informato della pregiudiziale, risponde:
“ […] la inoppugnabilità delle mie affermazioni deriva dai risultati, ed anche lei, credo, può testimoniarlo. Se la inoppugnabilità deve derivare da una statistica e da una discussione con gente in malafede, allora non c’è bisogno di scomodare ulteriormente il prossimo, perché la cosa si farà strada da sola. Io avevo chiesto una clinica per dimostrare il mio asserto; ora s’invertono le proposizioni. Io ho parlato chiaro ed ho anche detto quali sono i motivi della lotta impostami. Evidentemente non sono riuscito a farmi capire. Io spero riuscire egualmente a realizzare quanto può validamente contribuire a mitigare le sofferenze del prossimo; ma da solo si fa meno strada, e la morte può anche cogliermi anzitempo, e tutto può sfumare nel nulla. Quel che mi sorregge in questa lotta immane è la certezza delle basi scientifiche, la rispondenza nella pratica, la gioia del bene fatto […] ”
Comportamento paradigmatico di altri che verranno nel tempo. L’assurdo della pretesa di statistica può così compendiarsi ed esemplificarsi: “vuoi un reparto dove applicare la terapia, che consenta di raccogliere un set completo di documentazione clinica e, alla fine, disporre di prospetti statistici? Bene: allora presentami una statistica!”.
Luigi rinuncerà ad ulteriori tentativi e terrà un atteggiamento estremamente critico nei confronti delle – poche – offerte di collaborazione delle quali sarà destinatario.
L’impegno nel campo oncologico non significa comunque accantonare altre ricerche, apparentemente lontane da quelle descritte. Come avvertito prima, molti sono convinti che chi si dedica con prospettiva monografica ad un settore della scienza abbia od acquisisca una conoscenza più profonda e, quando si tratti di ricerca, arrivi più facilmente a risultati concreti. E’ anche una tipica mentalità anglosassone, disastrosa se applicata in campo clinico e sperimentale. In realtà molti degli studi e dei percorsi sperimentali dello scienziato sono propedeutici alla decifrazione dottrinaria e clinica del cancro. Così accade nel campo della nutrizione e dei costumi alimentari, che molti anni dopo sarà valorizzato in particolare nell’ambito delle misure utili alla prevenzione. Basta scorrere i lavori presentati in molti congressi citati per notare l’interesse di Luigi per la materia: in particolare quello relativo al consumo di pesce in due province emiliane.
Questi studi, compatibilmente con le priorità dei suoi indirizzi ed impegni, erano stati avviati da una decina d’anni, portando a raccogliere molto materiale documentale. In questo periodo Luigi disegna il progetto di un libro che raccolga e illustri le sue idee sul tema. Chiede a Deda ed a Beppe Scalera se sono disponibili a collaborare e ricorre anche a Maria Teresa Andalò, che ha conosciuto qualche anno prima, quando presiedeva le commissioni per gli esami di maturità. Collaborerà anche Giancarlo Minuscoli, senza peraltro voler figurare tra gli autori. Il libro vede la luce nell’aprile del 1977 e sarà accolto favorevolmente12.
Basta scorrere le prime pagine per notare il taglio rigorosamente scientifico dell’opera, e trarre argomenti di riflessione sul tempo presente. Già nella prefazione si manifesta preoccupazione per lo sciupìo delle risorse alimentari ed energetiche della terra, per la cecità di un mondo egoista e cieco che corre verso la rovina, e pessimismo per un cambio di rotta. Con riferimento alla conferenza di Roma del novembre 1974, si legge infatti:
“La dichiarazione della World Food Conference contro la fame e la malnutrizione, è un’aspirazione ideale, che non sarà quasi certamente realizzata.”
Come d’altronde è dichiarato nelle prime pagine, si tratta in sostanza di un accurato:
“ […] studio che si è prefisso, attraverso un’esposizione obiettiva di dati, di dimostrare la necessità e la convenienza di promuovere la produzione ed il consumo di pesce.”
Lo studio non si limita ad elencare le proprietà superiori di questo alimento, circostanziatamente descritte sotto il profilo fisiologico e biochimico, ma precisa come il loro degrado o la loro conservazione dipendano in larga misura dai vari tipi di cottura. Non viene trascurato nemmeno il quadro dei numerosi problemi di matrice biologica, economica, ecologica e politica che riguardano l’ambiente marino, dedicando poi ampio spazio all’allevamento dei pesci (con la descrizione delle modalità relative alle specie più comuni) agevolmente ed economicamente praticabile nelle acque interne, ed all’incidenza del pasturaggio sulle caratteristiche organolettiche.
Nella conclusione del libro si sottolineano le superiori caratteristiche biologiche del pesce, caratterizzato da:
“ […] elevata percentuale di aminoacidi essenziali, di sostanze estrattive d’importanza anche determinante in funzioni metaboliche, quali il trasporto di acidi grassi, ad opera ad esempio della carnicina, e prevalenza di acidi grassi polinsaturi. Basterebbe già la conoscenza di questi fondamentali requisiti biologici per preferirla, ove possibile, alle altre carni anche nelle diete di Ospedali, gerontocomi e case di cura.”
Dopo il completamento del libro, la pubblicazione di tre lavori di carattere fisiologico e neurofisiologico13, e dopo avere scritto un capitolo, commissionatogli da un’enciclopedia scientifica14, partecipa ad un congresso in Germania e comunica al congresso nazionale della Società Italiana di Biologia Sperimentale a Siena. Uno di questi lavori costituisce la prima esplicita rivendicazione, nella letteratura scientifica internazionale, del ruolo antineoplastico della Somatostatina:
“ […] la somatostatina sembra esercitare effetti bloccanti sulla crescita di elementi neoplastici.”15
La semplice partecipazione ad un congresso, senza poter comunicare (ci riferiamo al congresso in Germania di cui sopra), sarebbe un fatto assolutamente unico per lo scienziato. E se così non sarà, lo si dovrà al timore che gli organizzatori nutrono nei confronti di eventuali reazioni. C’è però una ragione e soprattutto un “giallo” dietro a questa vicenda. Un giallo il cui mistero non si può considerare tale. La collaborazione preziosa di Deda, che ha conservato con ordine documenti e corrispondenza, ci consente oggi di sollevare il velo su tutto un brulicare, allora silenzioso e sotterraneo, di manovre e pressioni. Per essere più chiari: il lavoro sul ruolo antineoplastico della somatostatina non è passato inosservato. Ed ha creato allarme.
Ecco i fatti, quali emergono da una documentazione in originale e firmata.
Luigi, come precedentemente avvertito, intrattiene da tempo rapporti confidenziali con lo staff dirigenziale della casa tedesca di Friburgo, dove si è recato spesso. La prima volta vi è andato nel 1976 con Deda e con il figlio di un paziente di Rho per acquistare le prime fiale di somatostatina non marcata. Non appena viene a sapere che la Serono sta organizzando un International Symposium on Somatostatin, previsto tra il 25 ed il 27 settembre 1977 a Friburgo, il 27 giugno contatta direttamente il Dr. Alessandro Romandini, “Geschäftsfürer” dell’azienda. Questi risponde il 12 luglio con lettera siglata AR/ech e firmata, scrivendo:
“ […] mi sono interessato subito per la Sua comunicazione da tenere al Simposio Internazionale sulla Somatostatina, ma purtroppo non ho avuto successo: il Segretario Prof. Raptis non può più includere altri testi. Il Prof. Raptis mi ha detto però che forse ci sarà la possibilità di un intervento da parte Sua durante il Simposio. Per questa ragione ho inviato la Sua registrazione alla segreteria del Congresso – per quanto riguarda i 50$ avremo tempo di parlarne – e sono molto, molto lieto di rivederla in settembre a Friburgo.“
In poche parole, può comunicare, ma non in modo ufficiale, per cui la comunicazione non sarà pubblicata tra gli Atti del congresso: come si sa, verba volant, ma scripta manent…
Lo scienziato rimane amareggiato, ma soprattutto turbato dal comportamento di Raptis. Comunque partecipa, accompagnato da Deda e da due assistenti, comunica ed il suo intervento è quello che di gran lunga desta maggiore interesse. Il 26 ottobre la Serono Symposia, con lettera firmata da Romandini e da G. Harrant, gli manda una “group-picture” a ricordo dell’incontro, forse – non si sa mai – per mantenere un rapporto formalmente buono.
Non sfugge a nessuno la stranezza dell’accaduto. Luigi si rivolge direttamente a chi organizza il convegno, nella persona non di un semplice impiegato, ma di un dirigente e con tre mesi di anticipo sulla data fissata, ma nonostante questo si sente dire che il segretario “non può più includere altri testi!”. Non ci risulta che, data fra l’altro la novità della sostanza e le limitate attività che le venivano attribuite, ci sia stata un’affluenza record. Come vedremo, quattro anni dopo si verificherà un episodio ancora più grave, che toglierà ogni dubbio sull’equivoca nebbia della vicenda.
Nel 1977 si evita che un ricercatore, unanimemente giudicato far parte del gotha della scienza mondiale, pubblichi un lavoro sulla vocazione antineoplastica della somatostatina: cosa che, in un mondo normale, farebbe fare un balzo sulla sedia all’azionariato di una casa farmaceutica. L’exploit commerciale ed economico che ne deriverebbe – garantito dal brevetto registrato – sarebbe talmente clamoroso da collocare subito al vertice mondiale l’azienda, già di robusta struttura. E invece no, un segretario congressuale – pinco pallino qualsiasi, tanto per essere chiari – che potrebbe essere sostituito in un fiat e senza formalità, manda a dire che “non può più includere altri testi”. La successiva, benigna …concessione di comunicare sembra avvalorare un contrasto tra chi decide la rotta dell’azienda ed alcuni suoi dirigenti. Chi ha paura di riempire d’oro le casse della Serono? Chi o cosa ha una potenza tale da intimidire un gigante come la casa tedesca? Ed a parte la potenza, chi ha e può permettersi di usare strumenti tanto sfacciati per bloccare e condizionare? Chi manda i propri bravi a dire che “questo testo non s’ha da pubblicare né ora né mai”?
Comunque l’appoggio di Romandini e di altri qualcosa ha contato, o perché è apparso prudente non insospettire persone ignare di segrete cose, note solo all’azionariato di punta, e sollevare un vespaio, o perché una comunicazione orale è relativamente inoffensiva.
Rimane comunque una testimonianza importante: nella lettera del 12/7/1977 sappiamo dalla fonte come i pazienti che seguivano il Metodo Di Bella trovassero in Germania la pronta disponibilità della somatostatina. Infatti il Dr. Romandini, nel comunicare a Luigi il prezzo di alcuni preparati, aggiunge:
“ […] per quanto riguarda le sostanze di Suo interesse, le stesse non sono ancora in commercio in Italia. L’unica via pertanto è quella che seguiamo ora per la Somatostatina16 e cioè il paziente viene a Friburgo, prende la merce attraverso una farmacia – sempre e solo se in possesso di una Sua ricetta – e paga all’atto della consegna.”
Qualche oncologo italiano, nel tentativo sia di sminuire il valore terapeutico della sostanza, che di negare la priorità d’impiego da parte del Prof. Luigi Di Bella, dirà trent’anni più tardi:
“La somatostatina? L’abbiamo impiegata fin dagli anni settanta, ma non ha mai dato risultati!“
Forse non immaginava che tutta la documentazione relativa a questi eventi (per ovvie esigenze di spazio citiamo solo alcuni esempi) sarebbe stata diligentemente conservata.
Quanto riferito prova la menzogna dell’affermazione, oltre che improntitudine e ignoranza. Ma la fulmineità dell’intervento ostativo (che non ci meraviglieremmo fosse stato preceduto e provocato da convincenti minacce…), dimostra due cose:
- La preoccupata attenzione con la quale era seguìto lo scienziato;
- Il livello criminale di un establishment internazionale che non esitava – e non esita – a bruciare vita e sofferenza sull’ara del profitto e del potere.
Tornando al 1977 ed ai fatti che si svolgono all’interno dell’Istituto di Fisiologia, mentre i “transfughi” che prima collaboravano si sono allontanati e senza la guida dello scienziato vanno a caccia di farfalle, la collaborazione e l’intesa con Deda e Beppe Scalera si sono fatte più strette e proficue. Luigi ha conosciuto il fratello ed i genitori di Deda, che gli esprimono tutta la loro gratitudine per gli evidenti miglioramenti che registra la loro figliola. Mentre Beppe gli si dimostra sempre affettuoso e sincero, Deda vigila per evitargli il più possibile impegni troppo gravosi, dedicandogli quelle attenzioni filiali che lo fanno sentire meno solo nell’ambiente di lavoro. Molti pazienti non si rendono conto dell’intensissima attività dello scienziato e della sua fame di tempo, e quelli che hanno preso maggior confidenza con lui lo investono dei problemi familiari, gli parlano dei figli, delle loro delusioni, di problemi sul lavoro, o, quel che è peggio, accompagnano parenti o conoscenti a farsi visitare. Deda interviene facendo da schermo, dissuadendo le persone troppo insistenti in modo a volte spiccio: s’intende non in presenza di Luigi, sempre tollerante e paziente. Anche quando non sta bene non rifiuta mai di accogliere le persone che si rivolgono a lui.
A mal di testa relativamente frequenti ed ai ritorni malarici che, pur episodici, lo spossano con febbri violente, si è aggiunta anche una serie di problemi sorti in seguito al morso di un ratto. Nonostante provveda a curarsi, deve convivere per lunghi periodi con febbriciattole e penosi dolori articolari. Ma, contingenze sgradevoli a parte, in questo periodo gode di una relativa serenità. Come prima cosa si sente sempre e profondamente padre. E come padre esemplare ha un’idea elevatissima del compito di educatore che incombe su questa figura basilare della società.
Sa bene come il mondo contemporaneo sia dominato da un mercantilismo scatenato, invasivo e privo di scrupoli, e che lo Stato sembra avere abiurato quei princìpi sanciti da un’esperienza millenaria e incontestabile. Si imbatte spesso in genitori che risentono dei leitmotiv dominanti diffusi senza risparmio dai mezzi di comunicazione: il genitore-amico, il genitore che non punisce mai, il giovane “nervoso” o “esaurito” che deve essere sempre compreso, sempre accontentato, mai contrastato, gli insegnanti troppo severi, le dodici tavole dei diritti con il retro vergine di doveri, e tutto il campionario del magistrale manuale su come si rovinino intere generazioni e interi paesi.
Esprime le proprie opinioni brevemente, in modo chiaro e senza giri di parole, sottolinea il valore salvifico del sacrificio e delle privazioni, del piegare la schiena; erige il senso del dovere a cardine della vita individuale e sociale; esalta il ruolo della pazienza e della costanza. Il genitore deve essere pronto ad aiutare, a costo del totale sacrifico personale, ma accordare tutto e tutto scusare è amarsi, non amare. Come sempre è coerente con se stesso. Ha sofferto nel dover reprimere a volte i suoi slanci di affetto per i figli, ma si ritiene ampiamente ripagato dai risultati.
I più assennati comprendono e lo ringraziano, non solo in qualità di pazienti, ma anche per la saggezza profonda che dona loro.
Quando in istituto o a casa parla con Pippo e Adolfo, si informa sempre della loro vita, del lavoro, della salute. I consigli sono immancabilmente lungimiranti, pacati, acuti, ma espressi costantemente con tatto e delicatezza, anche se senza giri di parole. Le locuzioni ricorrenti sono “se fossi in te”, “al tuo posto”, “forse ti converrebbe agire”, “prova a rifletterci con attenzione” e simili. Oltre alla forma, è sempre profondamente pensato e lungimirante il consiglio e infallibile il giudizio.
Gli si illumina il viso a vedere comparire alla porta dello studio quei due uomini fatti, che lo chiamano “papà”, e sono ancora i suoi cuccioli di un tempo. E’ palpabile la tenerezza, la volontà di protezione, ma anche il desiderio di continuare, in un certo senso, a educarli. E si coglie facilmente anche il balsamo costituito da quel rifugio dal mondo che è la famiglia: rifugio anche per lui, grande lottatore.
A volte appare olimpico, illuminato dalla saggezza che gli proviene dall’intelligenza e da una dura esperienza di vita della quale ha fatto tesoro. L’immediatezza del comportamento si rivela in larghi sorrisi, in presenza di Pippo e Adolfo; qualche altra volta, invece, afflitto da preoccupazioni o cose che lo irritano, è di poche parole, rimane silenzioso e con il capo chino, salvo poi ridestarsi dalla cupezza e tornare gradualmente alla colloquialità. Capita anche che i figli disegnino scenari ottimistici, dicendosi certi che saranno riconosciuti i suoi meriti e che prima o poi lo raggiungeranno fama ed onori; in tali occasioni li guarda con tenerezza per queste previsioni, dettate dall’affetto e dall’inesperienza della vita. Più di qualsiasi altro comprende la realtà del mondo sorto dalle rovine della guerra: la ricostruzione ha riguardato solo gli edifici, visto che quanto a civiltà e cultura la distruzione è continuata. Non ha illusioni, non gli interessa la notorietà, che anzi considera una iattura.
Il leitmotiv della sua vita è il dovere: verso se stesso, la famiglia, la scienza, l’umanità. Ma una così profonda comprensione del mondo e della sua crudezza non affonda uno dei più peculiari dati del carattere: sopravvivono il senso dell’umorismo e la traccia del Ginuzzu di un tempo, ridestando a volte sul viso l’espressione del “monello” di Pellegrino e di Linguaglossa. Certi sorrisi quasi maliziosi, certe battute fulminanti, certi gesti ironici delle sue mani lo ricollegano ai giorni della giovinezza e dell’infanzia.
Generalmente il cordone ombelicale tra un’era ed un’altra della propria vita si interrompe, e l’individuo è in realtà tanti individui, seppure congiunti da costanti. In uomini superiori, qual è indubbiamente lui, il soggetto è in continua evoluzione, ma rimane uno. Il bambino non è morto, ma sopravvive nella curiosità e nell’ingenuità; l’adolescente fa capolino con i rapimenti ed i sogni dello spirito; il giovane si rivela nel senso di iniziativa e nell’entusiasmo. L’uomo comune muore a rate, età per età; quello superiore è un bimbo evoluto ed arricchito. Muore una volta sola: e solo nella materialità dell’essere.
Gradualmente sposta questa inclinazione comportamentale anche verso Deda. Comprende bene cosa si agiti nell’animo dell’allieva, quanto sia grande in lei l’ansia per la convivenza con la malattia, come siano angosciosi i pensieri per il futuro, quanto sofferte le rinunce previste, o temute, per le aspirazioni comuni a qualsiasi giovane donna. Interviene ad interrompere il corso di emozioni e pensieri che si affacciano nello sguardo della ragazza, a volte coinvolgendola in discussioni di carattere scientifico, altre sdrammatizzando con qualche motto di spirito. Così, un po’ per questi motivi, un po’ per una certa esterofobia – reazione all’endemica e forsennata esterofilia nazionale – ironizza sull’automobile di Deda, una Diane della Citroen, e le chiede con fare serioso se non teme che si sfasci completamente affrontando qualche curva; la risposta è un lamentoso “uffa prof! Va benissimo la mia macchinina!”. Ironizza anche su certe italianizzazioni di termini dialettali che lei ogni tanto adopera. Lui, s’intende, ne comprende perfettamente il significato, ma si diverte a chiederlo con aria stupita, borbottando, dopo la spiegazione, un “mò: li conosce tutti lei questi termini!”. Ma nonostante l’affetto e la grande stima, rimarrà sempre, fino all’ultimo, quella pellicola di distanza, quel diaframma che lui, al di là di Ciccina e dei suoi figli, non consente a nessuno di attraversare: “prof” da una parte, “signorina” dall’altra. Dirà una volta: “spesso ci si scambiava un buongiorno ed un buonasera, e poco di più. Anche per questo si andava d’accordo”.
Nel nuovo anno, il 1978, l’attività scientifica è sempre diversificata, riguardando la fisiologia del gusto, della nutrizione e l’affinamento ulteriore delle ricerche sulla piastrinogenesi e sulla funzionalità dei megacariociti17. Ma l’appuntamento più importante sarà quello del primo congresso organizzato dal prestigioso EPSG – European Pineal Study Group – organismo scientifico al quale aderiscono grossi nomi della ricerca. In attesa di conoscere la data della riunione, lo scienziato stende le linee del lavoro che intende presentare, nel quale pensa di condensare i punti fondamentali del suo metodo.
Intanto in famiglia si annuncia un nuovo Di Bella, dato che Maria Letizia, la moglie di Adolfo, attende un bambino. Nei mesi di attesa Luigi risponde alle consuete sintomatologie della gravidanza con suggerimenti che si rivelano preziosi. Tra i tanti consigli dietetici, anche alcuni suggerimenti farmacologici: come quello di evitare assolutamente analgesici, ricorrendo invece a forti dosaggi di vitamina B1 per contrastare le forti cefalee che certi giorni affliggono Maria Letizia, o di assumere giornalmente parecchi grammi di vitamina E.
Gli arriva anche una lettera che – alla luce di eventi futuri – non può non originare qualche riflessione: datata 1 marzo 1978, giunge dall’Istituto Mario Negri, ed è firmata da Silvio Garattini:
“Caro collega, conoscendo il Suo interesse per i problemi della distrofia muscolare, vorremmo informarLa che il primo aprile 1978 avrà luogo a Maranello, Modena, un simposio internazionale dal titolo ‘New Frontiers in Muscular Distrophy…”
All’inizio della primavera è stato invitato a intervenire ad un corso organizzato dalla Società Americana e da quella Europea di Rinologia. Si tratta del Secondo Corso Internazionale di chirurgia funzionale del setto e della piramide nasale, per il quale deve svolgere la parte fisiologica. In un certo senso si trova “in famiglia”: il corso, che si tiene a Bologna, è organizzato dalla Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università di Bologna e dalla divisione di Otorino dell’Ospedale Maggiore, dove lavora Pippo. Incontra in questa sede i tanti allievi del compianto amico Prof. Paolo Carcò, alcuni dei quali vent’anni prima hanno fruito della sua opera. La sua lezione magistrale, successivamente pubblicata18, è un implicito richiamo degli specialisti ad uno studio e ad una considerazione attenta della Fisiologia, i cui princìpi sono spesso sovvertiti da mode terapeutiche, con ripercussioni sulla salute dei pazienti. Il fatto che parli di fronte ai suoi figli rende, se possibile, ancora più sciolta la sua parola. Se all’inizio la trattazione potrebbe apparire dotta, ma prevalentemente “scolastica”, ben presto i riferimenti alla pratica clinica si fanno sempre più precisi e non di rado critici. Le ripercussioni dell’integrità funzionale del naso, della mucosa nasale, delle strutture nervose locali su funzionalità essenziali come quella respiratoria e cardiaca, sono di volta in volta evocate, precisate, esemplificate. E non manca, come sempre, la nota originale, che in questa occasione è costituita dall’invito ad usare la vitamina A, anche per applicazioni topiche:
“ […] abbiamo all’uopo provveduto a spalmare sulla superficie della mucosa preventivamente ed accuratamente detersa ed asciugata dal muco, della Vitamina A (axeroftolo palmitato), aiutandoci eventualmente con una bacchetta sterile di vetro intinta nella vitamina stessa […] Con questo trattamento si possono attenuare e, in molti casi, anche guarire riniti stagionali, acute, subacute o croniche, eventualmente complicate da bronchiti asmatiche anche inveterate e resistenti alle comuni terapie. Anche le riniti atrofiche abbiamo visto reagire bene alla predetta terapia, ricevendo valido giovamento e giungendo anche a guarigione dopo congrua durata di trattamento. Se l’applicazione si pratica bene al primo inizio di un raffreddore, in molti casi si riesce a farlo abortire. La mucosa nasale ci è sembrata particolarmente reattiva agli effetti della carenza relativa della vitamina A. Sembra che l’applicazione locale promuova in sommo grado l’eutrofia della mucosa e riduca parallelamente la sua funzione recettrice, riflessogena agendo forse anche direttamente sulle terminazioni aspecifiche trigeminali.”
Conclude il suo intervento mettendo in guardia gli specialisti presenti nei confronti dell’invalsa abitudine di prescrivere acriticamente vasocostrittori in caso di raffreddori o allergie stagionali. Le sue argomentazioni sono come sempre chiarissime e di una logicità assoluta: l’uso prolungato dei vasocostrittori distrugge le cellule ciliate, che imprimono all’aria in ingresso un moto rotatorio, vorticoso e non laminare. E’ proprio a questo moto vorticoso se il flusso d’aria incamerato è molto più abbondante: per convenirne, basta pensare a quanto più lungo risulta uno spago che unisce due punti dopo frequenti circonvoluzioni rispetto ad uno teso tra i punti stessi. Con la scomparsa delle cellule ciliate e la diminuzione dell’aria inspirata, si può andare incontro, col tempo e con l’età, a insufficienze respiratorie anche gravi. Se ci siamo attardati su questo particolare – citato quasi a mo’ di esempio – è in quanto ci sembra esplicativo di una mentalità, oggi purtroppo rara, che dovrebbe innervare tutto il sapere medico. Una lezione di fisica elementare trasformata dalla fisiologia in un insegnamento fondamentale di carattere clinico.
Il 14 settembre comunica a Pavia al Third Congress della ECRO (European Chemoreception Research Organization), al quale si reca con Deda e Beppe Scalera19.
La mattina dell’otto novembre nasce il terzo …Luigi Di Bella. Un sabato di qualche mese prima, pranzando insieme, Adolfo ha parlato al padre della rosa di nomi, maschili e femminili, da dare al nascituro, esprimendo il rammarico per la progettata rinuncia al nome Luigi, dato che così si chiama già il primogenito di Pippo. Ma Luigi senior, come se annettesse alla cosa relativa importanza, osserva: “bè, avranno una data di nascita diversa, una residenza diversa, un luogo di nascita diverso. Confusioni non ce ne possono essere”. Messaggio recepito, sembra dire con un sorriso Adolfo guardando Maria Letizia.
Parto senza problemi e rapido: venti minuti dall’inizio del travaglio. Qualche ora dopo arriva Luigi, bacia a lungo la mano a Maria Letizia, l’abbraccia, e le sussurra commosso: “grazie!”.
Il primario di ostetricia dei Carpi – da lui conosciuto e stimato – alla prima visita di controllo della puerpera esprimerà il proprio stupore: “mai vista una cosa del genere: chi non sapesse che lei ha partorito poche settimane fa stenterebbe a crederlo”. Rimane pensoso e interessato quando sa del chilo e mezzo di tocoferolo (Vitamina E) …assunto in nove mesi dalla sua paziente. Diversamente da un suo collega modenese, che richiesto di un parere da una signora alla quale lo scienziato ha pure suggerito di assumere Vitamina E, si esibisce in un avvertimento che meriterebbe figurare tra gli oscar dell’insulsaggine: “stia attenta, perché potrebbe nascerle un bambino con il labbro leporino (sic)!”. Bisogna riconoscergli perlomeno un raro talento inventivo. Ci sembra che leporino fosse il cervello del ginecologo in questione.
Luigi, a parte la gioia per il nuovo nipotino, è in ansia per il congresso EPSG, come riferisce ai figli. Parte con Beppe Scalera e Deda per Amsterdam, dove comunica la mattina del 24 novembre. Il congresso si svolge nelle eleganti sale dell’Accademia Reale, e viene inaugurato alla presenza dei Reali. Assisteranno ai lavori per tre giorni consecutivi. Di fronte a scienziati ritenuti il “top” della ricerca mondiale, Luigi, che per tre giorni ha assistito alle precedenti comunicazioni, parla con calma e precisione, incontrando un’accoglienza calorosa e stabilendo contatti assai utili.
Tra coloro che più di altri hanno compreso la grandiosità della sua concezione scientifica, è il Prof. Derek Gupta20, al quale, in modo particolare, si deve la pubblicazione del testo sulla prestigiosa collana scientifica Progress in Brain Research21.
Nel lavoro, dopo avere ripercorso la ricerca sperimentale compiuta, si sofferma prima sulle azioni della melatonina, in particolare in campo ematologico; quindi passa a riferire sui risultati ottenuti nei tumori solidi:
“ […] lo sviluppo dei tumori del polmone, dello stomaco e del seno, come di quelli dei linfomi e degli osteosarcomi, è ugualmente ridotto o interrotto, così che il periodo di sopravvivenza dei pazienti aumenta ed i sintomi diventano gradualmente meno acuti […]. Nei pazienti affetti da tumore, l’influenza regolatrice della Melatonina sulla crescita cellulare è fortemente rafforzata dal contemporaneo abbassamento dei livelli di GH circolante – per mezzo della somatostatina o del p-oxypropiofenone – e della prolattina….. Possono essere tratte le seguenti conclusioni:
-
- Il tumore ha origine probabilmente da un disequilibrio di Melatonina, GH e prolattina;
- Gli agenti virali ed eziologici fisici e chimici agiscono probabilmente interferendo con le stesse reazioni di crescita come quelle derivanti dalla presenza contemporanea di GH e Melatonina;
- La Melatonina estende probabilmente la sua azione a tutte le cellule del corpo, allo stesso modo del GH;
- Il GH ha effetti rilevanti sulla sintesi delle proteine e degli acidi nucleici, mentre le indolamine e la MLT interferiscono con il metabolismo dell’acido nucleico. Esistono percorsi biochimicamente comuni tra i due tipi di sostanze a livello dei processi di crescita di ogni cellula del corpo.”
E’ un lavoro di importanza capitale, anche se non si sofferma – per attenersi all’argomento del congresso – al ruolo dei Retinoidi e di altri principi attivi che pure impiega da anni. Se in precedenti lavori aveva descritto l’impiego di singoli componenti, qui si affaccia per la prima volta il concetto di Metodo e non di protocollo per la terapia dei tumori.
In questa occasione Luigi consolida anche il rapporto con diversi colleghi, che, a differenza di quanto avviene in Italia, sono estremamente interessati alle sue ricerche e intrattengono con lui una nutrita corrispondenza. Tra gli altri, Russel J. Reiter, direttore del Dipartimento di Biologia Cellulare all’Università del Texas, a S. Antonio; il Prof. Klein, responsabile della sezione Neuroendocrinologia presso National Institutes of Health di Bethesda, nel Maryland; Linus Pauling, premio Nobel per la chimica nel 1954; il Prof. Lucien Israel, direttore della XIII Clinica Oncologica dell’Università di Parigi ed Oncoematologo di fama mondiale; il Prof. Tapp, che Luigi ha conosciuto in occasione di alcuni congressi internazionali.
E’ proprio Tapp che, impressionato dai risultati ottenuti in particolare sulle emopatie, parla di “your discovery”, gli suggerisce di esporre casi adeguatamente documentati e spedirli al British Journal of Hematology, rivista scientifica affermatasi come una delle più autorevoli a livello mondiale. Lo scienziato seguirà il consiglio qualche anno dopo.
Esporrà minuziosamente i casi prescelti e spedirà il lavoro. Dalla corrispondenza intercorsa si apprende che uno dei due referies – coloro che dalla direzione di ogni rivista sono incaricati di esaminare e valutare i lavori – è rimasto entusiasta dall’articolo, mentre l’altro, con argomentazioni obiettivamente fumose, si dichiara perplesso: di conseguenza, essendo prevista l’unanimità degli esaminatori per l’accettazione, l’articolo non viene pubblicato.
Luigi, pur con l’innata umiltà che lo ha sempre contraddistinto, non accetta il diniego del refery avverso, in quanto non accompagnato da argomentazioni plausibili e dall’auspicabile serenità di giudizio, e sospetta fortemente che non la carenza di qualche elemento documentale o affermazioni non provate, ma motivazioni meno limpide abbiano portato al rifiuto del lavoro. Rimarrà sempre negativamente colpito da questo evento, ricavandone una generalizzata sfiducia nei confronti dell’autonomia e attendibilità dell’editoria scientifica.
Tutti gli uomini maturi che abbiano avuto una vita difficile e contrastata sanno come amarezze e dispiaceri portino ad una sorta di mitridatismo, originato dall’istinto di sopravvivenza. In qualcuno le esperienze negative offuscano l’indole primigenia, ottundendo la sensibilità e originando un’aspra autoironia; in altri, come Luigi, corroborano la capacità di circoscrivere l’evento doloroso e impedirgli di invadere l’anima, in virtù di una rassegnata accettazione della realtà del mondo. Il prezzo di tutto questo è da una parte una sfiducia indistinta che può tramutarsi in pessimismo, dall’altra il recalcitrare di fronte a scelte suscettibili di procurare nuove delusioni.
In Luigi Di Bella tale meccanismo psicologico coinvolge gli eventi della vita come i sentimenti. In possesso di una sensibilità pura e delicata come quella di un bimbo, vivissima in ogni età della sua vita, rimarrebbe inerme e fragile senza erigere una cinta di difesa. Questa, di fronte a offerte di appoggio ed aiuto come ad assicurazioni di amicizia e di affetto, sarà costituita dall’incredulità: il tributo più triste che i poeti pagano alla falsità ed al cinismo del mondo, e che li priva dell’unica vera consolazione della loro vita.
Dopo tante delusioni e tanti patimenti lo scienziato accantona il mancato riconoscimento di una verità certa e provata, stipandone in fondo all’anima la pena, e prosegue il proprio cammino con immutata determinazione.
Nel 1979 vedranno la luce altri quindici lavori, mentre quello pubblicato su Progress in Brain Research suscita un vivo interesse, testimoniato dalla corrispondenza inoltratagli da ricercatori di tutto il mondo22.
Dalla nota appena inserita emerge chiaramente che i ricercatori erano stati colpiti dalla novità e dall’importanza della nuova metodologia terapeutica, che si presentava quale totale rivoluzione e momento di svolta nella lotta ai tumori. Un commento eloquente lo fa lo stesso scienziato, che in una risposta del 12 febbraio 1979 al Prof. Victor de Vlaming, della Marquette University di Milwaukee (che aveva richiesto il reprint del lavoro: cfr. fondo della nota) scrive:
“If a cancer Department executed these new ideas, the likelihood of the efficacy of a new cure system could be publicly demonstrated, and the life of many patients could be safeguarded. It’s a pity that silly jealousies blockade so wonderful a biological investigation, and that human wickedness struggles against so a highly humanitarian work of biological sciences!”
tradotto:
“Se un centro oncologico mettesse in pratica questi nuovi indirizzi, il potenziale terapeutico di un nuovo sistema di cura potrebbe essere dimostrato pubblicamente, e la vita di molti pazienti essere salvaguardata. E’ un peccato che sciocche gelosie blocchino in misura così sorprendente una indagine biologica, e che la malvagità umana contrasti un’attività scientifica di così elevato valore umanitario.”
In Italia gli scrive soltanto il Prof. Giuseppe Moruzzi, che pur tormentato da una grave forma di Parkinson, non ha mancato di leggere l’ultima fatica del collega, al quale ha sempre manifestato la stima più profonda.
Quanto riferito prima è anche la prova che importanti centri di ricerca di numerosi paesi (Usa, Messico, Canada, Israele, Francia, Spagna, Germania, Cecoslovacchia, Estonia, Svizzera, India), seppero fin da allora dell’impiego di Retinoidi, Melatonina, antiprolattinici, somatostatina, con finalità antineoplastiche. Ciò sancisce anzitutto la priorità delle scoperte di Luigi Di Bella e sbugiarda quanti, vent’anni dopo, avrebbero definito la terapia come “improvvisata”: appare sempre nuovo quanto si ignora. Senza parlare della paradossale ostentazione di sarcastico disprezzo di fronte a molecole il cui impiego in oncologia sarebbe stato ritenuto “strambo” e privo di logica scientifica. Ma fa sorgere anche una domanda inquietante, e cioè per quale motivo, nonostante un interesse assai eloquente e dimostrato, nessuno abbia offerto, od abbia potuto offrire, collaborazione ed aiuto.
Fondamentale importanza rivestono pure i quattro lavori comunicati nel congresso della Soc. It. di Biologia Sperimentale (SIBS) e pubblicati nel volume annuale edito dalla stessa SIBS23. La rappresentazione dei fenomeni osservati è accuratamente corredata da fotografie scattate in successione al microscopio e le conclusioni delle ricerche risultano di importanza capitale, dato che per la prima volta ha luogo la dimostrazione della eiezione delle piastrine dal megacariocita e del fatto che “la melatonina sia atta a favorire o a promuovere la piastrinogenesi anche in vitro. L’affermazione, oltre che postulare per la MLT un nuovo eventuale ruolo fisiologico nella piastrinogenesi, contribuisce ad orientare verso altri ‘targets’ la sua azione fisiologica”.
Non si tratta di una piccola marginale acquisizione, ma di una scoperta di rilievo assoluto.
Il pomeriggio del 26 maggio di quell’anno comunica a Firenze al congresso nazionale indetto dalla Soc. It. di Fisiologia, dimostrando l’azione antiaggregante della melatonina24. Un ulteriore motivo di inimicizia da parte delle case farmaceutiche che producono farmaci antiaggreganti. Al pensiero di quanti seri effetti collaterali, specie con uso costante, siano collegati a specialità di antiaggreganti (in primis la cd. “aspirinetta”), e, al contrario, all’azione potente ma totalmente priva di collateralità della Melatonina, si aprono interrogativi angosciosi sul grado di reale libertà nel mondo contemporaneo.
Verso la fine di giugno parte con Deda, Scalera e Tarozzi per Uppsala, in Svezia, dove dal 19 al 21 si tiene il Third European Nutrition Conference, congresso internazionale sulla nutrizione. Sulla nave guarda come sempre il mare, spesso fosco e sconvolto da tempeste. Una fotografia lo ritrae con lo sguardo perduto verso l’orizzonte, di certo diviso tra le considerazioni dell’occasione e la nostalgia del suo mare, il mare turchino di Omero. Lì comunicherà sui due lavori presentati25.
Un importante approfondimento della fisiologia delle piastrine è contenuto nei lavori comunicati all’Aquila il 28 settembre, in occasione del congresso congiunto della Soc. It. di Biologia Sperimentale, della Soc. It. di Fisiologia e della Soc. It. di Nutrizione umana. Vengono presentati in questa occasione nove lavori, tre dei quali relativi al filone di ricerche precedentemente seguito26, sei alla fisiologia del gusto27.
Uno di questi verrà pubblicato sul prestigioso Brain Research, per iniziativa del Prof. Purpura, direttore del Rose F. Kennedy Center of Research in Mental Retardation and Human Development presso l’Università Albert Einstein di New York.
Luigi guarda anche al futuro. Al compimento del settantesimo anno d’età dovrà rinunciare, con il pensionamento, al supporto pur modesto sul quale può contare all’università. Il laboratorio di via Marianini non è mai stato disertato del tutto, ma occorre più spazio e soprattutto occorre ulteriore e nuova strumentazione scientifica. Prova anche a scrivere ad un’istituzione inglese, della quale ha letto sulla rivista Nature: è la Lady Tata Memorial Trust, presso il Chester Beatty Research Institute di Londra, che dichiara di voler “incoraggiare studi e ricerche” in grado di far luce su leucemia e tumori. Il 4 febbraio 1980 indirizza una lettera, alla quale allega alcuni suoi lavori, parla dei risultati ottenuti su parecchie patologie neoplastiche e leucemie, ed afferma:
“ […] I think I have understood the main factors that are implicated in the etiopathogenesis of leucemia and cancer. I think that primary factors of leukemia and cancer are both hormonal deficiences and either central or peripheral nervous troubles. […] In the meantime I am persevering in my investigations on bone marrow physiology, that I think being the main factors of the pathogenetic chains of leukemia. I’m in need of chemicals, apparatuses and assistans, that I cannot pay by my single salary. Do you think it possible to help me?28“.
La risposta è possibilista, ma anche piuttosto evasiva, e Luigi interrompe una corrispondenza che ritiene sterile di concretezze.
Deda sicuramente continuerà la sua collaborazione e lui, libero dagli impegni didattici, avrà molto più tempo a disposizione, ma occorre prepararsi e predisporre ogni cosa. I suoi risparmi sono modesti, ma la liquidazione sarà rapportata ai quarantasei anni di insegnamento complessivi tra l’ormai lontano ottobre 1936 ed il 1982, quando andrà in pensione. Questi i pensieri che passano per la mente dello scienziato, il quale decide, finché può disporre dei suoi assistenti e dello strumentario dell’istituto, di dare un ulteriore impulso al lavoro scientifico.
In marzo spedisce ad una prestigiosa rivista scientifica americana due lavori relativi uno ai termorecettori del fegato, l’altro all’effetto dell’aumento termico epatico sull’assorbimento alimentare: entrambi saranno pubblicati successivamente29 e assai apprezzati da G. Moruzzi, che il 26 giugno 1981 gli scriverà:
“Sono proprio molto lieto di congratularmi con te per i lavori sui termorecettori epatici. Sono contributi molto importanti, del tutto originali, lucidamente impostati e discussi in modo approfondito. Puoi essere orgoglioso del tuo lavoro, che inoltre è scritto in un inglese eccellente, ed è apparso in un importante giornale internazionale. Hai posto tutte le premesse perché nel breve volgere di tempo la tua opera abbia il riconoscimento che merita”.
Sarà una delle ultime lettere che potrà scrivergli il grande Moruzzi, uno dei pochi colleghi, degni di essere definiti tali, che lo abbia compreso.
In maggio riceve una lettera del Prof. Russel J. Reiter, che aveva conosciuto al congresso di Amsterdam di due anni prima, e che gli ha chiesto di spedirgli alcune sue pubblicazioni. Nella lettera (del 14 maggio) il ricercatore americano lo ringrazia dei lavori speditigli – “…thanks for the very valuable reprint” – lo prega di inviargli sempre tutte le sue future pubblicazioni – “Please keep my name on your permanent mailing list” – e gli preannuncia che verrà a trovarlo il mese successivo, aggiungendo: “I hope at that time we can meet and discuss our mutual interests. I’m sure we have many things in common”. Il 20 giugno, giunto a Modena, lo va a trovare all’Istituto di Fisiologia e trascorre con lui, Deda e Scalera due giorni interi, loro ospite: dimostrerà in questa occasione di essere un buona forchetta e un buon …bicchiere; d’altra parte aveva preavvisato, in una successiva lettera che “I love Italian cuisine and look forward to indulging myself under the most authentic conditions!”. Rimane sbalordito di fronte al livello raggiunto dalle ricerche ed ancora di più dalla casistica clinica che gli è presentata ed illustrata.
Di lì a poco compare una sua valutazione dell’opera di Luigi Di Bella, nella quale parla dell’efficacia della melatonina nelle trombocitopenie ed in altre sindromi ematologiche, nel libro Annual Research Reviews. Reiter fa riferimento anche al colloquio con Luigi a Modena, e conclude affermando “…this group had more experience in treating patients with melatonin than any other30”.
In luglio, partito Reiter con l’intesa di rivedersi a Brema in settembre, Luigi si reca a Varsavia, dove si tiene il 7° Congresso mondiale IUPS, nel corso del quale comunica su due lavori relativi alla fisiologia della nutrizione31; quindi partecipa, lo stesso mese, ad un altro Congresso internazionale che si tiene dal 22 al 25 luglio presso il de Leeuwenhorst Congress Centre, a Noordwijkerhout, in Olanda, dove comunica sulle ricerche oggetto di due lavori32.
Tornato da questo vero e proprio tour de force, ha appena il tempo di prepararsi all’appuntamento più importante, il congresso di Brema sulla melatonina, alla cui segreteria ha inviato da tempo i tre lavori che intende illustrare.
Come sua abitudine, si prepara minuziosi appunti da riguardare e consultare nel corso del suo intervento, salvo …non guardarli nemmeno una volta messo piede nell’aula congressuale. Insiste perché anche Deda intervenga a comunicare, rinfrancandola e seguendola mentre si esercita, cronometro alla mano, ad esporre uno dei tre lavori. Ha sempre tempo per tutti: per i pazienti che gli telefonano e lo raggiungono in via Campi, per Adolfo e Pippo che lo vanno a trovare, salvo recuperare il tempo speso continuando a studiare ed a lavorare fino a notte inoltrata.
Parte per Brema con Deda e Scalera: loro alloggeranno in albergo, lui, come di prammatica, trova un alloggio più modesto ed economico. Quando gli allievi scendono a fare colazione, lui, che si è levato all’alba, è di ritorno da lunghe passeggiate per guardare monumenti, chiese e piazze della città e riempirsi le tasche di cartoline. La “divisa” è sempre la stessa: abito scuro, di preferenza blu, camicia con polsini e colletto amovibili, cravatta e fermacravatta, cappello.
Comunica tre lavori il 30 settembre 1980, il primo dei quali richiama esplicitamente punti fondamentali della sua concezione terapeutica, riscuotendo interesse nell’uditorio e in particolare in alcuni ricercatori che ha già incontrato in altri congressi internazionali, tra i quali Aaron Lerner, lo scopritore della melatonina ed un entusiasta Russel Reiter33.
Ribadisce infatti che la melatonina è indispensabile, ma non sufficiente, per un trattamento di leucemie e tumori, dovendo essere affiancata dagli altri principi attivi del suo metodo. Parla anche dei risultati ottenuti, dicendo a chiare lettere che questi sono stati “buoni o eccellenti” ed hanno riguardato principalmente leucemie linfatiche, mieloidi, acute o croniche, tumori dei tessuti epiteliali o connettivi, consentendo ai malati di condurre un’esistenza pressoché normale.
Alcuni gli si assiepano intorno per genuina curiosità scientifica, altri per ragioni meno limpide, come dimostreranno lavori, più o meno maldestramente ispirati ai suoi, di ricercatori statunitensi, argentini, svizzeri ed italiani. Il plagio è già iniziato da tempo e si farà sempre più intenso e sfacciato.
La stagione congressuale si conclude con il Congresso congiunto della Soc. It. di Biologia Sperimentale, della Soc. Italiana di Fisiologia, della Soc. Italiana di Nutrizione umana, che si tiene dal 2 al 4 ottobre a Caserta. Qui presenta ulteriori due lavori34.
E’ arrivato il momento di pensare al dopo, al pensionamento, e la prima cosa da fare è sopraelevare il laboratorio di via Marianini. Solo così potrà continuare la ricerca e dare alla scienza e all’umanità il frutto della sua opera. Nessuno potrebbe oggi rimproverarlo se si fosse ritirato a vita privata, trascorrendo gli ultimi anni a studiare e vivere nella pace familiare. Ma quando anni dopo, a Pippo e Adolfo che, di fronte ad un’ostilità a tutto campo, gli chiederanno se non sia il caso di lasciar perdere e badare alla sua salute, risponderà: “non capite che io sono sempre stato un lottatore?”.
Con la vita frugale che ha sempre condotto ha messo qualcosa da parte, senza contare che la liquidazione dovrebbe essere buona. Occorre farsi un’idea dell’esborso e poi procedere. Contatta la ditta Schianchi, una delle più rinomate imprese edili della città, della quale conosce bene gli esponenti per averli seguiti anni ed anni come medico. Il progetto della soprelevazione lo stende, come già fatto in passato, tutto lui, e minuziosamente, completando i calcoli necessari. Il progetto, consentito fra l’altro dal surdimensionamento strutturale della costruzione originaria che aveva contemplato una futura soprelevazione, prevede una palazzina di tre piani con mansarda. Considerando i tempi necessari all’espletamento della prassi burocratica, con la liquidazione dovrebbe poter saldare i conti senza ricorrere a prestiti.
All’inizio del 1981 cominciano i lavori, viene scoperchiata la vecchia costruzione e quanto custodito nel sottotetto – vecchi documenti ed apparecchiature non più utilizzate – posto al riparo. Gli Scianchi, memori dell’opera disinteressata di decenni della quale hanno beneficiato, gli comunicano che rinunciano all’utile d’impresa. Per i lavori pagherà esclusivamente il costo dei materiali, del loro trasporto e della mano d’opera. Un vantaggio non da poco, che consente a Luigi di realizzare il suo sogno senza patemi d’animo. Fa un po’ di tristezza vedere la casa scoperchiata, le vecchie tegole impilate in un angolo, le ampie porte delle stanze accatastate in attesa di concludere il loro destino in una discarica.
Inutile dire che Luigi è sempre presente non appena ha un minuto libero, dà indicazioni, precisa, controlla che i lavori procedano come desidera. Anche l’amico dottor Giancarlo Minuscoli si interessa e, al corrente delle scelte dello scienziato, senza dirgli nulla gli fa arrivare un camion carico di pomice, destinata ad essere utilizzata quale coibente sotto i pavimenti del piano terra.
Nel frattempo occorre prepararsi per due importanti avvenimenti, il primo dei quali riguarda un congresso sulla somatostatina organizzato sempre dalla Serono e previsto ad Atene per i primi di giugno. Se ha già comunicato in passato sull’uso della sostanza per la terapia dei tumori, questa volta intende precisare il contesto terapeutico nel quale si innesta, i dosaggi adottati, i risultati osservati. Spedisce quindi due lavori ed effettua il pagamento previsto per la partecipazione (“registration fee”) il 18 febbraio. Incredibilmente riceve alla fine di aprile una lettera dallo stesso Prof. Sotos Raptis che quattro anni prima aveva rifiutato di inserire i suoi lavori tra quelli destinati alla pubblicazione al congresso di Friburgo. Le lettere di Raptis sono due, una per lavoro, e come al solito sembrano rispondere ad un formale cliché:
“ […] I regret to have to inform you that they did not find it possibile to include your abstract…other than by title only. […] Your abstract will be printed in the Proceedings of the Symposium which will be published by Academic Press.”
Conclude auspicando di incontrarlo ad Atene. In sostanza i lavori saranno pubblicati, ma solo a congresso concluso, tra gli atti: per il momento appariranno solo i titoli – e non gli abstracts – nella documentazione illustrativa stampata in occasione dell’avvenimento35. Questo significa sfumare di molto l’interesse della comunità scientifica per la comunicazione. Lo scienziato gli risponde senza battere ciglio, chiedendo solo che gli sia restituito quanto pagato per intervenire.
Naturalmente una cosa così clamorosa non può finire qui. Il primo dei suoi lavori è l’unico che incroci somatostatina e terapia del cancro.
Comunque Luigi, come si suol dire, “incassa” solo apparentemente, in quanto – Raptis o non Raptis – comunica ad Atene e attira molto interesse fra i partecipanti. Ma tornato da un altro impegno, del quale riferiamo più avanti, il 20 luglio scrive alla direzione della Serono riferendo i fatti e ricordando lo spiacevole precedente del 1977.
Gli risponde il 24 la D.ssa Maria Luigia Wigand ed il 30 luglio, in italiano, Rainer Felbier. La versione è più o meno la stessa. Scrive Felbier:
“ […] non so come esprimerle il mio dispiacere per i malintesi avvenuti […] e La prego di permettermi di cercare di chiarire, per quanto possibile, gli equivoci. Prima di tutto ed in modo particolare desidero dirLe che da parte nostra non vi sono avversioni di nessun tipo contro il Suo lavoro e contro le Sue pubblicazioni. Al contrario, abbiamo grande stima del Suo impegno scientifico, e non c’è nulla che possa indicare il contrario. […] Noi abbiamo interesse ai Suoi lavori di ricerca […] Noi saremmo lieti di ricevere qui in Germania una copia dei due abstracts di cui Lei parla ed i Suoi manoscritti sui Suoi studi sulla somatostatina nel cancro.“
Passa quindi a dire una cosa un po’ ingenuotta, e cioè che il comitato scientifico esamina i lavori dopo che è eliminato il nome dell’autore. Come dire: non c’erano preconcetti o pregiudiziali. Peggiora le cose facendo, con un po’ di sprovvedutezza, un’osservazione:
“ […] forse perché Lei era l’unico a presentare un tale tema ed il comitato non sapeva forse dove inquadrarla.”
Due “forse” sono sinceramente un po’ troppi! Al contrario, proprio perché era l’unico a parlare di somatostatina e cancro il Prof. Di Bella avrebbe dovuto avere un posto ed un rilievo tutti speciali. L’acromegalia sembra essere l’unica patologia verso la quale indirizzare il prodotto: una patologia abbastanza rara, mentre il cancro è la malattia del secolo e rappresenta la prima causa di morte nei paesi più sviluppati. Una cosa dunque senza spiegazioni.
Luigi, da signore qual è sempre stato, rifiuta di argomentare e il 14 agosto risponde, in inglese. La lettera di Felbier è in un italiano approssimativo, frutto evidente di una traduzione dal tedesco: forse credono che lo scienziato non conosca che la sua lingua madre, lui che è in grado di leggere e rispondere indifferentemente e senza problemi in cinque lingue? Risponde che mai potrà curare il cancro un solo componente, ma un’associazione di farmaci, tra i quali la somatostatina. I risultati migliori – aggiunge – sono stati ottenuti con le persone in grado di acquistare regolarmente la sostanza.
“Unfortunately I have no nursing home, quite apart from a general deep-seated scepticism or, worse, a frank aversion. If you suggest me how to show and prove these statements, I am convinced that a big progress both in cancer eradication and in cancer pain mitigation will be made in the next future.”
Viene colto anche l’accenno alle difficoltà di curare i pazienti che non possono permettersi di venire a Friburgo a comprarsi la somatostatina: il 16/10 arriva in via Campi un pacco contenente 280 fiale della sostanza, con un’accompagnatoria siglata RO/mlw. Altre ne seguiranno. Un modo come un altro per cercare di rimediare ad una figuraccia, e mentre ci sono (non si sa mai), mettere le mani avanti nel caso che le opposizioni di caste mediche e giganti della farmaceutica dovessero un giorno attenuarsi. Il lettore saprà fare le sue deduzioni dall’episodio raccontato.
Nel frattempo la corrispondenza con colleghi incontrati in precedenti congressi e, in particolare, in quello di Brema, si è fatta piuttosto nutrita. Riceve, fra l’altro, una lettera di Lerner, da New Haven (Connecticut) e gli risponde il 26 febbraio, allegando i suoi lavori sulla “…experimental action on Melatonin on bone marrow” e chiedendogli di appoggiarne la pubblicazione su riviste nelle quali sia introdotto.
In giugno parte per l’Olanda, dove, a Giessen, si tiene il secondo congresso mondiale della EPSG, la European Pineal Study Group. Comunicherà sui due lavori presentati36 e incontrerà diversi colleghi, tra i quali l’immancabile Russel Reiter, e un Gupta sempre più impressionato dalle sue ricerche, sulle quali sta cercando di far convergere l’interesse e l’appoggio dei vertici del mondo scientifico internazionale.
Nel frattempo i lavori in via Marianini procedono ed alla fine dell’estate il “grezzo” è finito. Adolfo si attiva per procurare direttamente dai produttori le piastrelle ceramiche di rivestimento ed il gres esagonale per i pavimenti. Di apparecchiature e strumenti ce ne sono già parecchi, compreso lo splendido microscopio che Luigi ha acquistato direttamente presso la Zeiss. Altri se li procura tramite quelli che, pur in ottimo stato ed efficienti (e magari mai usati), vengono periodicamente rottamati, a volte con sospetta premura, da istituti universitari.
In settembre si reca a Catania, dove si svolge un congresso internazionale sulla Nervous System Regeneration, indetto dalla International Society for Neurochemistry. Il primo settembre comunica, riferendo dell’impiego pluriennale della melatonina in affezioni neurologiche37, tra le quali “…disseminated and acute sclerosis, in congenital diplegia and hereditary ataxia, in spastic pseudosclerosis, in different moulds of mental retardation, in many distructive features of ‘petit mal’ and in various cases of sleep-lessness”.
Nonostante questa prudente indicazione di impiego, lo scienziato cura già da una decina d’anni malattie altrimenti inguaribili come la sclerosi multipla ed il morbo di Alzheimer, oltre che con la melatonina e la Vitamina. E (citata nel lavoro), con l’impiego di esteri fosforici delle vitamine B1, B2, B6 e PP, citicolina, acidi grassi polinsaturi ed altri principi attivi coadiuvanti, con esiti eccellenti, specie nelle situazioni non troppo avanzate.
L’attività scientifica dell’anno viene coronata da tre lavori comunicati a Chieti in ottobre38. In uno di questi, la cui importanza pochi avranno probabilmente compreso, viene descritto un fenomeno straordinario: girini trattati con melatonina si sviluppano perfettamente e precocemente, ma diventano rane adulte non più lunghe di una decina di millimetri. E’ la dimostrazione che la melatonina incide anche sulla increzione dell’ormone della crescita, il GH.
Al ritorno da questo impegno scientifico inizia l’ultimo suo anno di insegnamento. Luigi cela la malinconia, e solo le pochissime persone che considera amici raccolgono ogni tanto una confidenza. Anche in queste rare occasioni sarebbe aspettativa vana vedergli comparire un’espressione palesemente triste. Nasconde l’affollarsi di sentimenti e ricordi dietro un sorriso appena percettibile, quasi di autoironia: Tullio, Parma, l’arrivo a Modena, le prepotenze di Girarrosto, il laboratorio di fisiologia generale, la cupa stanzetta di S. Eufemia …immagini che s’intricano e dissolvono l’una con l’altra, l’una nell’altra. Trova conforto al pensiero di via Marianini e del lavoro di ricerca che potrà compiervi. Sa che Deda gli starà sempre accanto e che forse potrà avere un po’ di collaborazione da parte di altri.
L’addio all’università ha luogo, dopo la pubblicazione di altri due lavori39, quando ormai il laboratorio di via Marianini è completato.
1. Una panoramica dei componenti del Metodo Di Bella è possibile visionarla cliccando sul link.
2. Luigi. Di Bella, G. Scalera and M.T. Rossi – Taste preference modifications by cerebellar lesions. Proceedings of the Tenth International Congress of Nutrition, Kyoto, Japan, 156.
3. I primi 5 lavori su temi ematologici vedono: L. Di Bella e all. Contributo alla natura delle interazioni fra nucleotidi e aril-amine nella fisiologia delle piastrine. Boll. SIBS, vol. LI, n. 18 bis ottobre 1975, Com. 20; Numero di elementi e di megacariociti nel midollo osseo di ratto. ib. Com. 21; Volume e impacchettamento cellulare del midollo osseo. ib. Com. 22; Influenza della componente cellulare di midollo sopra la pressione osmotica del liquido intercellulare. ib. Com. 23; Sulla pressione osmotica del midollo osseo. ib. Com. 25. Gli altri 4 lavori relativi alla fisiologia del gusto e della nutrizione risultano: L. Di Bella e all.: Probabile contributo di afferenze da termocettori addominali all’attività consumatoria alimentare. Boll. SIBS, vol. LI, n. 18 bis ottobre 1975, Com. 13; Alimentazione dei ratti dopo lesioni cerebellari. ib. Com. 106; Attività appetitiva alimentare nel corso del riscaldamento addominale. ib. Com. 103; Modificazione di preferenze gustative dopo lesioni cerebellari. ib. Com. 104.
4. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera – The Place of intestinal afferences in the regulation of GH incretion e Hypophyseal GH content following thymectomy. Acta Soc. It. di Biochimica Clinica, 1976.
5. L. Di Bella e coll. – Indagine scolastica sul consumo di pesce in due province emiliane – Boll. SIBS, 1976, 52, Com. 129.
6. L. Di Bella e all. – Studio di alcuni fattori del ricambio piastrinemico e Variazioni del 2,3-DPG eritrocitario dopo trattamento acuto con 5-metossi-n-acetil-triptamina (melatonina). Archivio I. di Fisiologia (in sta, 98).
7. Luigi Di Bella e all. – Modificazioni dell’attività consumatoria alimentare per stimolazione di afferenze masticatorie. Boll. SIBS, 1976, 52, Com. 187 – Interferenze fra i termocettori addominali ed i meccanocettori masticatori nella introduzione del cibo. Ib. Com. 188.
Luigi Di Bella e all. – Formazione di complessi tra Melatonina e basi puriniche e pirimidiche. Boll. SIBS, 1976, 52, com. 157 – Effetti dell’elettroforesi in vivo sul mielogramma di ratto. ib. 52, com. 214 – Effetti della Melatonina sopra il 2,3-DPG degli eritrociti circolanti di ratto. ib. 52, com. 24 – Ulteriore contributo al meccanismo di produzione delle variazioni del 2,3-DPG intraeritrocitario dopo trattamento con Melatonina. ib. 52, com. 21 – Rilievi fisiologici ed effetti della Melatonina sulle talassemie. ib. 52, com. 221 – Azione mielotropa della Melatonina. ib. 52, com. 26 – Influenza di cataboliti azotati nella funzione del midollo. ib. 52, com. 23 – Influenza di cataboliti azotati normali sul sangue e midollo. II. Effetto dell’acido urico. ib. 52, com. 22 – Influenza di plasmaexpander sulla cellularità del midollo. ib. 52, com. 215 – La pressione osmotica del midollo osseo dopo per fusione con plasma-expander. ib. 52, com. 218 – Meccanismi di regolazione della pressione osmotica e funzione del midollo. ib. 52, 27 – Il mielogramma dopo infusione di plasma-expander. ib. 52, 216.
8. L. Di Bella, M.T. Rossi, and G. Scalera – Physiological Basis for a Rational Therapy of Bone Marrow Diseases. Acta The 16th International Congress of Hematology, Kyoto, September 5-11 1976* n. 9-45.
9. L. Di Bella e all. – Convergence of afferences from tongue and mouth structures, and their significance for food acceptance. Nutrition and Metabolism, Main Editor N. Zöllner, Munich, vol. 20, no. 3, 1976, 19 – Food and fluid intake and body weight gain after symmetrical cortico-cerebellar lesions. Ibidem, 78 – The role of proprioceptive masticatory afferences in the rat feeding pattern behaviour. ibidem, 93. (Second European Nutrition Conference – 15-17 september, 1976, Munich/Deutsche Gesellschaft für Ernährung).
10. L. Di Bella, G. Scalera, M.T. Rossi – Mutual relations between thymus and hypophysys e Do estrogen mechanoreceptive impulses contribute to liberation of GH from adenohypophysis?. Acta – Symposium on regulation of pituitary functions. Štrbské Pleso, October 13-15, 1976, n. 30 e 31.
11. La somatostatina, pur identificata precedentemente, fu scoperta dallo scienziato francese Roger Guillemin, che per questo e per le ricerche condotte sulla produzione degli ormoni proteici dell’encefalo venne insignito nel 1977 del premio Nobel per la medicina insieme ad Andrei Viktor Schally. Entrambi i ricercatori furono conosciuti dal Prof. Luigi Di Bella in occasione di congressi scientifici internazionali.
12. L. Di Bella, M.t. Rossi, G. Scalera, M.T. Andalò – Il pesce nell’alimentazione. Patron Editore, Bologna, 1977.
13. L. Di Bella – Food and Fluid Intake and Body Weight Gain after Symmetrical Corticocerebellar lesion. Nutrition & Metabolism., Vol. 21, Suppl. 1, (pp. 61-63), 1977, Ed. S. Karger, Basel – Convergence of afference from tongue and mouth structures, and their significance for food acceptance. ib., 1977, 21, Suppl., 69-70 – Role of proprioceptive masticatory afferences in the rat feeding pattern behaviour”. ib., 1977, 21, Suppl., 70-72.
14. L. Di Bella – Sindromi emorragiche da ipovitaminosi. ASLE Ed., Roma, 1977.
15. L. Di Bella e all. – Effetti della somatostatina sulla funzione del midollo osseo. Boll. SIBS, vol. LIII, n. 18 bis, 1977, 53, Com. 42; – Effetti della Melatonina sui megacariociti viventi di midollo di ratto”. ib., 1977, 53, Com. 44.
16. Nostra sottolienatura.
17. L. Di Bella e all. – Considerazioni sui metodi di determinazione della soglia gustativa. Soc. It. Di Fisiologia, Firenze, 1978 – Ruolo dei recettori gustativi nell’idratazione conseguente alla disidratazione. Boll. SIBS, 1978, 54, Com. 60 – Aspetti socio-economici ed evolutivi dei consumi alimentari. ib. 1978, 54, Com. 184 – Aspetti funzionali dei megacariociti in vitro. Boll. SIBS, 1978, 54, Com. 4 – Sul meccanismo della piastrinogenesi in vitro. ib. 1978, 54, Com. 5.
18. Luigi Di Bella – Cenni di Fisiopatologia del naso. II° Corso Internazionale di Chirurgia funzionale del setto e della piramide nasale, Bologna, luglio 1978.
19. Luigi Di Bella, G. Scalera, M.T. Rossi – Separate taste influences on water and salt equilibria. 3° ECRO Congress, Pavia, 1978.
20. Il Prof. Derek Gupta, prematuramente scomparso nel 1997, é considerato unanimemente il più eminente neuroendocrinologo del dopoguerra: DIGIPHARM – MEDICAL EXPERTS.
21. L. Di Bella, M.T. Rossi, and G. Scalera (Cattedra di Fisiologia Generale, Università di Modena, Modena Italy) – Perspectives in pineal functions. Progress in Brain Research – The Pineal Gland of Vertebrates including Man – Vol. 52 – Editors J. Ariëns Kappers and P. Pever © 1979, Elsevier/North-Holland Biomedical Press.
22. Di seguito le richieste di “reprint” indirizzategli all’Istituto Di Fisiologia di via Campi:
- The Rockfeller University, New York, Dr. William Hayes Bailey;
- Forschungsinstitut für Köperkultur und Sport, Leipzig, Prof. Dr. L. Pickenhain;
- Institute for Clinical and Experimental Medicine, Praha, Prof. Eduard Kuhn;
- National Institute of Mental Health/Saint Elizabeths Hospital, Washington, Prof. Waw;
- Israel Institute of Technology-Department of Biology, Haifa, Prof. Dan Baharav;
- Neurologische Poliklinik Universitätsspital Zürich, Dr. Th. Huber;
- Clarke Institute of Psichiatry, University of Toronto, Toronto, Ph. D. Donald Coscina;
- Departement de Biologie Humaine, Tour Cedex, Prof. M. Maillet;
- Depto de Biologia y Bioquimica del cancer-Instituto Nacional de Oncologia, Ciudad Universitaria, Madrid, Prof. Dr. Ysidro Valladares;
- Veterinary Research Institute, Brno, Czechoslovakia, MVDr. Zraly Zdenek;
- Marshfield Medical Foundation, Marshfield Clinic, Marshfield, Wisconsin, Ph. D. Edward D. Plotka;
- Universidad Autònoma “Antonio Narro”, Buenavista, Saltillo, Coah., Dr. Jose Antonio Gaiiardo;
- U.A. “Antonio Narro”, Dr. Miguel Mellado Bosque;
- Boston ity Hospital, Boston, Dr. G. Faircloth;
- McGill University, MacDonald College, Dept. of Animal Science, Ste Anne de Bellevue, Quebec. Dr. Louise Greenberg;
- University of Guelph, Dep. of Zoology, Gielph, Ontario, Dr. Karen J. Buth;
- Ben-Gurion University of the Negev, Clinical Pharmacoloy Unitm Dr. J. Kaplanski;
- U.E.R. Biomédicale Sanits-Pères, Laboratoire de Chimie Médicale, Paris, Dr. Grigorova;
- Universidad de Valencia, Facultad de Ciencias Biològicas, Valencia, Dra. A. Gavara Palomar;
- The Hebrew University-Hadassah Medical School, Jerusalem, Dept. of Applied Pharmacology, Dr. Hirschmann M. Sc.;
- The University of Michigan, Neuroscience Laboratori Bldg., Ann Arbor Michigan, Dr. S. Bachus;
- Université de Besançon, Faculté de Médecine, Laboratoire d’Anatomie, Besançon, Prof. H. Duvernoy;
- Institut für Pathologie, Tierärztliche Hochschule, Hannover, Dr. S.Naumann;
- Anatommicky Ustav, Praha, Doc. dr. Milan Doskocil;
- C.H.U. Necker-Enfants Malades-Laboratoire d’Histologie et Embriologie, Paris Cedex, Dr. C. Guérillot;
- University of New Mexico, Department of Physiology, Albuquerque, New Mexico, Ph.D. Albert Ratner;
- J. E. Vogelberg MD, Tallinn, Estonia, 28) Marquette University- Dep. of Biology, Milwaukee, Wisconsin, Prof. Victor de Vlaming;
- Surgical Research Laboratory, Institute of Medical Sciences, Banaras Hindu University, Varanasi, India, Dr. A.G. Sathyanesan.
23. L. Di Bella, L. Gualano, M.T. Rossi, G. Scalera – Contributo alle tecniche di studio in vitro dei megacariociti. Boll. SIBS, Vol. LV, fasc. 4, 1979 – Azione della melatonina sulla piastrinogenesi in vitro. ib. – Azione dell’ADP sulla piastrinogenesi in vitro. ib. – Effetti dell’azione simultanea della melatonina e dell’ADP sui megacariociti in vitro. ib.
24. Luigi Di Bella, G. Scalera, M.T, Rossi, L. Gualano – L’aggregazione piastrinica in presenza di melatonina.
25. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera, G. Tarozzi – Fish meal as a protein source in some Italian region. Varföda, volym 31, Suppl. 3,1979, Com. 248 – Incidence of food shape on food acceptance. ib. Com. 252.
26. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera, L. Gualano – Effetti della melatonina sulle piastrine in vitro. Boll. SIBS, 1979, 55, Com. 114 – Aggregazione con ADP di piastrine pretrattate con melatonina. ib. Com. 54 – Sul ruolo fisiologico della melatonina nella regolazione del tasso piastrinemico”. ib. Com. 68.
27. Sulla determinazione della soglia gustativa. Boll. SIBS, 1979, 55, 394/397 – Fattori periferici e centrali atti a modificare la soglia gustativa. ib. 398/403 – Consumo di pesce in una popolazione subalpina. Boll. SIBS, 1979, 55, Com. 162; “Ruolo dei meccanocettori orali nelle preferenze gustative” – Boll. SIBS, 1979, 55, Com. 131 – Preference changes following dehydration, Sour, bitter and preferences. Boll. SIBS, 1979, 55, 2444/2448 – Natrium chloride preference after dehydration of rats. ib. 2438/2444.
28. “Io ritengo di avere compreso i principali fattori implicati nella eziopatogenesi della leucemia e del cancro […] Credo che i fattori principali di leucemia e cancro risiedano in deficienze ormonali ed in anomalie del sistema nervoso centrale o periferico. […] Nel frattempo io sto continuando le mie ricerche sulla fisiologia del midollo, che sono convinto sia uno dei fattori più importanti dei concatenamenti patogenetici della leucemia. Io ho necessità di prodotti chimici, apparecchiature e assistenti, che non sono in grado di pagarmi con il mio singolo stipendio. Ritenete sia possibile aiutarmi?”.
29. L. Di Bella, G. Tarozzi, M.T. Rossi and G. Scalera – Behavioral Patterns Proceeding from Liver Thermoreceptors. Physiology & Behavior, vol. 26, pp. 53-59. Pergamon Press and Brain Research Publ., 1981 – Effect of liver temperature increase on food intake. ib., pag. 45-51.
30. Annual Research Reviews – The Pineal Volume 6 – Russel J Reiter, Department of Anatomy the University of Texas, Health Science Center at San Antonio – Eden Press, 1981.
31. Correlation between the food and fluid intake. Intern. Conf. on the Physiology of Food and Fluid Intake, IUPS, Warsaw 1980 – Role of mechanoreceptors in food intake. ib.
32. L. Di Bella, G. Scalera, M.T. Rossi, G. Tarozzi – Taste preferences and appetite following somatostatin injection. Proceedings of Joint Congress on Chemoreception, 1980, Noordwiikerhout, Holland, Edited by H. van der Starre – Convergence of afference in drinking and eating integrative centers. ibidem.
33. Luigi Di Bella, G. Scalera and M.T. Rossi – Melatonin: an essential factor for the treatment and recovery from leucemia and cancer”. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera and L. Gualano – Platelet turnover as influenced by melatonin. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera and L. Gualano – Red blood cells generation and melatonin. Proc. International Symposium on Melatonin, Bremen, September 28-30 1980* Editors N. Birau and W. Schloot.
34. L. Di Bella, L. Gualano, M.T. Rossi, G. Scalera – Fluorescenza di megacariociti di ratto in presenza di melatonina. Boll. SIBS, 1980, 5, Com. 192 – Effetti di alcune sostanze sulla fluorescenza da melatonina degli elementi di midollo di ratto. ib. Com. 193.
35. L. Di Bella, L. Gualano, M.T. Rossi & G. Scalera – Somatostatin in cancer therapy; Somatostatin and food intake behavior. Proc. 2nd International Symposium of somatostatin – Athens, June 1-3. 1981, Serono Symposia, Abstract book.
36. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera – Molecular mechanism of bone marrow thrombocytogenesis by melatonin. – Alimentary behaviour following pinealectomy. Proc. Second Colloquium of the EPSG, Giessen 1981, Ed. Pévet and. E. Tapp.
37. Di Bella L., Rossi M.T. & G. Scalera – The neurotropic action of Melatonin. Proc. Int. Symposium on Nervous System Regeneration, September 1-5, 1981, University.of Catania, PE1.
38. Luigi Di Bella e all. – Influenza di fattori esterni (aggregazione, illuminazione) sull’introduzione di alimenti e di liquidi e sulla preferenza gustativa. Boll. SIBS, Volume LVII, numero 18 bis, Com. 147 – Azione della Melatonina sulla metamorfosi di girini di rana esculenta. ib. Com.115 – Percezione dei sapori e sintesi proteica. – ib. 142.
39. L. Di Bella, M.T. Rossi, G. Scalera, L. Mazzoni and P. Trevisan – Influence of Melatonin on the development of frog tadpoles. Boll. SIBS, vol. LVIII (1982); L. Di Bella, Rossi M.T., Gualano L., Mazzoni L., Scalera G. – α-MSH inhibits platelets aggregation. Atti congr. SIBS, SIF, SINU, Cetraro (Cs), 23-25 settembre, 65.