Thursday, 28 March, 2024

Le ragioni di questo sito

Autore: Adolfo Di Bella

N.B.
Tutte le informazioni presenti in questa o altre pagine Web, compresi fotografie e link di documenti, sono di proprietá della famiglia Di Bella.

È assolutamente fatto divieto a terzi, di copiare anche tramite screenshots parziali, il contenuto delle pagine Web del presente portale. I trasgressori saranno severamente perseguiti secondo quanto stabilito dalle norme di legge.

Per eventuali autorizzazioni alla pubblicazione di informazioni contenute nelle pagine Web del presente portale, inviare una

email al seguente indirizzo: info@dibellainsieme.org.


Il presente sito costituisce il complemento ideale dell’altro sito ufficiale, il sito a vocazione medico-scientifica www.metododibella.org, al quale sovrintende mio fratello Giuseppe. Un sito quindi – il presente – di carattere divulgativo, che costituisce un riferimento affidabile, un supporto informativogestito direttamente da chi porta il cognome Di Bella, intonato ad intransigente aderenza, nello spirito e nella lettera, alla mentalità ed agli orientamenti del Prof. Luigi Di Bella.

Un sito dedicato ai pazienti, ai loro cari ed a quanti desiderino conoscere la vera mentalità e la vera concezione umana e ideale di Luigi Di Bella. Di più: un rifugio nel mondo e dal mondo, dove trovare conforto e risposte concrete; dove raccontare la propria storia, ascoltare quella altrui, chiedere consiglio e darlo, sedere insieme sotto una pergola nelle stagioni calde, accanto al camino in quelle fredde, esporre emozioni, preoccupazioni, ansietà, confrontarsi con altri che abbiano attraversato o stiano attraversando analoghe esperienze. Creare, in sostanza, un ambiente familiare non affettato ma sincero, dove tutti contano, ma nessuno conta troppo, all’interno del quale trovare calore umano e sincera amicizia, con il fine ultimo di creare una comunità che aiuti a lottare contro la malattia, le difficoltà e l’indifferenza dell’attuale società: senza sentenzialismi, omelie, supponenze, pose oracolari. Dove regnino comprensione, amore per l’uomo, gioia di fare del bene e siano banditi polemica, stizza, protagonismo. Intendiamo tentare – per quanto a noi possibile – di ricreare quell’inesprimibile atmosfera di pacificazione dello spirito e di sofferta e genuina solidarietà che avvertiva qualsiasi persona si sedesse nello studio del Prof. Di Bella. Non che basti “ricreare un’atmosfera”: c’è una folla di persone disperate e preoccupate che ha bisogno di fatti, di aiuto immediato, vuole sapere, essere certa di percorrere la strada giusta. Questo, noi tutti, cercheremo di fare e di dare, in memoria di Luigi Di Bella.


La nostra conoscenza dei malati non è stata virtuale, ma diretta. Con loro, con migliaia di loro, abbiamo parlato per decenni, occhi negli occhi, mentre seduti nell’anticamera dello studio attendevano con ansia di essere visitati; oppure in piedi per ore, col buono ed il cattivo tempo, col caldo od il gelo, sul marciapiedi antistante l’ormai famoso cancelletto di via Marianini 45 a Modena, mentre disperati chiedevano un aiuto per sé, per i loro cari, i propri figli, i propri genitori, il compagno o la compagna della loro vita. Migliaia di visi, di voci, di storie, di caratteri, di situazioni di vita; un vapore di sofferenza che sembra ancora esalare dal luogo e porta istintivamente a segnarsi quando si entra. Non sono pochi quelli che tornano per rivedere quel cancello che ha dischiuso loro la strada della salvezza. Quando rispondiamo, a chi ringrazia, che siamo noi loro debitori, non lo facciamo per retorica dissimulazione: li ringraziamo di cuore per quanto ci hanno insegnato, per la gioia di fare del bene donataci, per il balsamo che le loro lacrime davanti ai ritratti di mio padre stendono sui dolori provati, le disillusioni, l’ingratitudine, le malvagità. Senza questa gavetta è difficile o impossibile capire e rendersi utili, né dire qualcosa che giunga al cuore.


La sera di domenica otto giugno 2003, quando ancora nutrivo l’illusione che la sua forte fibra gli facesse superare la malattia, ero seduto accanto al suo letto d’ospedale insieme a mio fratello. Alla presenza di alcuni amici di vecchia data, ci parlò a lungo. Sembrava di essere tornati cinquant’anni indietro, quando ci portava con sé all’Istituto di Fisiologia per seguirci negli studi, io sul manubrio e Pippo sulla canna della vecchia bicicletta. Quel tempo era ormai lontano, la vita ci aveva provati e maturati, avevamo le nostre famiglie ed i nostri figli, ma la virile tenerezza di papà ci faceva sentire ancora con i calzoni corti. Parlò della sua vita difficile, dei tanti dolori e delle tante amarezze, ma con un viso disteso dalla serenità. “Non muoio completamente, perché quello che ho fatto continuerà ed io continuerò in voi figli. Sono stato fortunato, non so se meritavo due figli come voi“. Parole scaturite dalla sua bontà e dall’amore: amare e comprendere il proprio padre, un simile padre, non è un merito, ma casomai l’assenza di un potenziale demerito. Riferendosi poi ad ambienti che lo avevano sempre contrastato, aggiunse: “Vogliano o non vogliano, prima o poi dovranno sbattere il muso sulla faccia del sottoscritto. Non angustiatevi, lavorate serenamente, perché questo avverrà. Ma ci vorrà ancora tempo“. Si udivano i rintocchi delle campane del Duomo, il cui suono solenne accarezzava quei capelli, candidi come piume d’angelo. Dopo qualche istante di silenzio, tra la commozione generale ci strinse le mani, poggiò le sue sul nostro capo e mormorò: “Vi benedico“, con uno sguardo che non dimenticheremo mai più. Tre settimane dopo, alle dieci e quattro minuti della mattina del primo luglio, esalava l’ultimo respiro tra le mie braccia.


I falsi amici sono stati tanti, quelli veri pochi e tra questi, esponenti delle associazioni, destinatarie, dopo noi figli, dell’unica legittimazione espressa dello Scienziato. Quanto alle azioni individuali, sarà il futuro a indossare la toga del giudice: per quel che ci riguarda, preferiamo lasciare ad altri i giudizi, trarre insegnamento dall’esperienza acquisita e concentrarci sul nostro impegno.

Quanto ai medici che dicono di prescrivere il Metodo, pochi lo prescrivono davvero; molti credono di prescriverlo; altri, stizziti dalla pubblica e categorica affermazione del Prof. Di Bella “non riconosco alcuno come allievo o collaboratore“, hanno creduto di poter colmare con la presunzione ed una grottesca ambizione la siderale distanza di intelletto e di cultura che li separa dal Grande Scomparso, ben lontani anche dalla modesta limpidezza che caratterizza la prefazione di mio fratello Giuseppe al suo recente libro “Il Metodo Di Bella”: “non ho alcuna parte o merito, neppur minimo, nella formulazione e codificazione del Metodo”; altri ancora hanno sfacciatamente camuffato finalità di lucro, balzando a volte ai disonori della cronaca. Non è difficile individuare i comportamenti consoni alla concezione morale del Prof. Di Bella: basterebbe interrogare la propria coscienza, che non potrebbe approvare la ricerca affannosa di visibilità, né il cercare mortificanti autosponsorizzazioni. D’altronde sono tutti a conoscenza del severo imperativo etico reiteratamente rivolto a chi gliera vicino da Luigi Di Bella, che lo ribadì ulteriormente nelle sue ultime volontà: “non pubblicizzate mai nomi di medici“.

Duro, ma privilegiato il ruolo affidato dal destino a noi figli: gratificati dall’amore e dalla stima di un simile spirito, ma anche bersagli della malevolenza, della cattiveria e dell’ingratitudine, vittime a volte della nostra stessa ingenuità e delle mene di chi ha tentato (invano) di applicare subdolamente il vecchio cinico principio: “divide et impera”.
 

Estenuati dalle bassezze e devastati dal dolore per la perdita di nostro padre, ci siamo ritrovati come storditi, invecchiati precocemente, silenziosi ed ancora scossi dal brivido di aver visto strisciare ad un palmo dai piedi il Male che regna sulla nostra contemporaneità: quel male che Luigi Di Bella, come il Grande Pontefice spentosi due anni dopo di lui, ha combattuto per tutta la vita. Ma ci siamo ritrovati, e guardando i muti, ma pur così vivi ricordi di Papà, abbiamo risentito i consigli e gli insegnamenti di tutta una vita, visto sfilarci davanti agli occhi i ricordi dell’infanzia, dell’adolescenza, il viso suo e della mamma, il protettivo tepore della vecchia casa, l’ammiccare delle luci natalizie che ha incantato i giorni più intimi della nostra unione familiare. Ed abbiamo compreso che se sono preziosi collaborazione ed aiuto di terzi, se il nostro impegno non può avere sosta, siamo e dobbiamo rimanere soli nelle decisioni più impegnative, compendiarci e correggerci a vicenda, ove necessario, ma di noi soltanto fidarci totalmente: ce lo impongono le ragioni del sangue, l’esperienza fatta e la saggezza di nostro padre, che ha sempre rifiutato di rilasciare a chiunque deleghe o mandati per rappresentare la sua persona o la sua opera. Il nome e lo stampo Di Bella lo portiamo dalla nascita, con umiltà ed orgoglio. Sta a noi mostrarcene degni, tutelarlo e ricordare sempre, specie nei momenti di sconforto, l’estremo lascito di nostro padre: “non muoio completamente, perché quello che ho fatto continuerà ed io continuerò in voi figli”. Spero che voi, visitatori noti o ancora ignoti, leggendo questa ed altre pagine, non ci farete mancare collaborazione, consigli, e, come mi auguro, un po’ di amicizia.

Adolfo Di Bella